La scorsa settimana la sezione seconda del Tribunale Amministrativo del Lazio – Roma ha depositato la sentenza n.2642/2023, con cui ha accolto il ricorso di ReCommon per il diritto ad accedere alla valutazione dei rischi ambientali, climatici e sociali associati al mega-progetto di gas fossile Mozambique LNG effettuata da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) prima del finanziamento della controversa operazione.
Nel 2019, CDP ha contribuito con centinaia di milioni di euro, garantiti dall’assicuratore pubblico SACE, al project finance a favore del contratto di Saipem, tra le tre società costruttrici del progetto Mozambique LNG. L’opera ha un valore complessivo di 23 miliardi di dollari ed è guidata dalla francese Total.
Il progetto prevede lo sfruttamento di giacimenti offshore e la costruzione di un terminal di liquefazione di gas nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, con una capacità di esportazione annuale di 34 miliardi di metri cubi di gas. Come termine di paragone, l’Italia consuma 70 miliardi di metri cubi in un anno.
L’esecuzione del progetto ha contribuito ad alimentare il conflitto tra milizie insorgenti presenti nell’area e forze governative, causando migliaia di morti e circa un milione di profughi, al punto che nel 2021 Total ha invocato la forza maggiore per sospendere le operazioni. Attualmente il progetto è ancora sospeso.
CDP si era rifiutata di rendere pubblica la valutazione preliminare degli impatti climatici dell’opera e di altri rischi associati, non rispondendo all’istanza di accesso alle informazioni ambientali presentata da ReCommon nell’ottobre 2021. La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui ReCommon presentò un primo ricorso, nel febbraio del 2022 aveva dichiarato fondata l’istanza dell’associazione, invitando CDP a riesaminare la richiesta di accesso. A distanza di quattro mesi, CDP trasmetteva a ReCommon soltanto parte della documentazione, per altro già pubblica, non consegnando invece la valutazione interna del progetto – né il parere del Comitato congiunto del ministero degli Affari esteri, necessario per i progetti finanziati con il sistema dello “sportello della cooperazione allo sviluppo”.
Dopo aver intimato nuovamente CDP a consegnare la documentazione attesa, ReCommon non ha potuto fare altro che rivolgersi al TAR del Lazio – Roma per vedere riconosciuto in sede giudiziaria il suo diritto di accesso. Lo scorso dicembre, l’Avvocatura di Stato che difende CDP – controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze per più dell’80 per cento – ha prodotto una rettifica secondo cui il progetto sarebbe stato finanziato non dallo sportello della cooperazione allo sviluppo – in sinergia con il ministero degli Esteri – ma come operazione di “export banca”, da cui la pretesa non esistenza del parere del Comitato congiunto del ministero degli Affari esteri sul finanziamento.
La sentenza del TAR ha dato ragione a ReCommon in maniera netta, essendo evidente che, indipendentemente dalla procedura seguita, risulta impensabile che la banca pubblica di investimento italiana – con un’esposizione di 450 miliardi di euro e la gestione di circa 300 miliardi raccolti tramite il risparmio postale – non abbia effettuato alcuna due diligence ambientale e sociale per un’operazione così importante e rischiosa fuori dall’Italia, nonché per un importo molto rilevante. Di qui l’ordine della consegna entro 30 giorni della documentazione richiesta, prevedendo da subito la nomina di un commissario ad acta in caso di perdurante inerzia di CDP.
«In un momento cruciale in cui Total e il governo del Mozambico stanno considerando di riavviare il progetto, incuranti delle persistenti gravi violazioni dei diritti umani in corso nella regione e dei futuri impatti climatici ed ambientali dell’opera, è fondamentale che ReCommon, i suoi partner mozambicani e i cittadini italiani abbiano contezza di quale sia stata la valutazione dei rischi svolta da CDP per quest’opera così discussa», commenta ReCommon. «Un monito importante per CDP e tutte le altre istituzioni finanziarie pubbliche e private, tra cui SACE, Intesa Sanpaolo e UniCredit, che potrebbero considerare il finanziamento di un progetto ugualmente controverso per gli impatti su clima, ambiente e la vita delle persone nell’area: Rovuma LNG di Eni ed Exxon», conclude l’associazione.