Siamo di fronte a una profonda crisi umanitaria, economica e sociale, che si aggiunge alla crisi climatica che stavamo già vivendo.
Il fatto che la politica l’abbia declassata a problema secondario non ne mitigherà gli effetti.
I responsabili della crisi climatica sono gli stessi che hanno alimentato una dipendenza tossica dalle risorse russe e anziché pagare per le loro responsabilità stanno guadagnando, da prima di questa situazione.
Guadagna chi incassa extra profitti grazie alle distorsioni dei mercati. Eni è il caso più eclatante con quasi 5 miliardi e mezzo di utili in più solo nel primo semestre del 2022; guadagna chi si occupa di trasporto e stoccaggio di gas, come Snam, cui lo Stato si affida per gestire le riserve per affrontare l’inverno e che è azionista rilevante della maggior parte dei gasdotti dell’area mediterranea; guadagna chi investe sulle mega-infrastrutture necessarie all’estrazione, al trasporto e allo stoccaggio dei combustibili fossili.
Allo stesso tempo la diversificazione delle forniture, che sembra l’unica strada seriamente percorsa dalle istituzioni italiane ed europee per far fronte alla crisi energetica, ci sta mettendo nelle mani di autocrazie, quali l’Algeria o zone di conflitto, come il Mozambico.
Le corporation e la finanza italiana vogliono continuare a guadagnare, vincolandoci sia al destino “fossile” che alla dipendenza da regimi autoritari, ritardando una transizione che sia giusta oltre che ecologica. Lo Stato non prende in considerazione, se non in modo marginale e di facciata, le soluzioni legate alle energie rinnovabili pensate e definite dagli stessi territori, come le comunità energetiche, ne investe sull’efficienza energetica.
Il rischio è che l’enorme mole di soldi pubblici europei disponibili finisca ancora una volta nelle tasche dei soliti noti fossili.
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Leggi e scarica la pubblicazioneCrisi climatica
Non è meno urgente di quella energetica o di quella sociale. Gli eventi estremi registrati nel nostro Paese negli ultimi mesi ci dimostrano che siamo tutti vittime di crisi che è sistemica, i cui costi ricadono di più sulle fasce più vulnerabili e che non lascia più molto tempo per reagire.
Conflitti
I paesi da cui stiamo facendo “shopping di gas” sono coinvolti in conflitti in corso, lo sono stati in un passato recente o rischiano di esserlo in un futuro prossimo. In alcuni casi li alimentano proprio con i proventi del gas. Senza contare che spesso le influenze russe non sono affatto trascurabili.
Diritti umani
Le risorse energetiche non solo foraggiano le autocrazie, ma sono anche sinonimo di corruzione e di controllo del territorio, di repressione dei movimenti che quel territorio tentano di difenderlo, così come la salute dei suoi abitanti.
Cosa vogliamo:
- Basta soldi pubblici e privati a chi finanzia la crisi climatica e le guerre, al contrario tasse su extra profitti e incentivi per azioni di reale transizione ecologica e giusta.