Basta soldi pubblici e privati a chi finanzia guerre e conflitti

Il filo rosso che lega il gas e i conflitti in giro per il mondo – armati ma anche nel senso di violazione sistemica dei diritti – è apparso in tutta la sua evidenza e nitidezza dal primo giorno della guerra in Ucraina. Dopo decenni di ricchi e copiosi affari con la Federazione russa, favoriti da “solide” relazioni personali ai più alti livelli – vedi gli allegri compagni di merende Putin & Berlusconi – che hanno favorito la presenza sul territorio russo del campione nazionale, l’Eni, improvvisamente tutto è cambiato.

E dire che conflitti a media e bassa intensità nell’area ce n’erano già e che gli interessi del Bel Paese abbondavano. Pensiamo alle nostre banche di punta, Intesa Sanpaolo e UniCredit, che all’industria fossile russa, il bancomat della guerra in Ucraina, solo fra il 2016 e il 2021 hanno concesso rispettivamente 9 e 1,6 miliardi di dollari in varie forme di finanziamenti.

Una fetta consistente, circa un terzo di tanta cornucopia di denari, è stata destinata a Gazprom, principale azienda fossile di Mosca e per questo controllata per oltre il 50 per cento dallo Stato. UniCredit e Intesa si sono guardate bene dal fare un vero mea culpa al riguardo, in particolare l’istituto di credito torinese ha evitato di “fornire dettagli” sulle sue storiche relazioni speciali con il Paese di Dostoevskij e Lenin.

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Non che l’assicuratore pubblico italiano, SACE, abbia fatto ammenda per le sue generose garanzie a progetti per l’estrazione di gas dai nomi sconosciuti (Yamal LNG, Amur Gas Processing Plant e Arctic LNG-2) ma dall’enorme importanza. Il tutto “tralasciando” gli impatti ambientali connessi all’estrazione del gas, visto che sono tutte infrastrutture site nel delicato ecosistema artico, ma qui apriremmo un altro capitolo molto esteso, di cui tratteremo in seguito.

Più in generale, SACE è il garante “supremo” degli investimenti dei campioni industriali e finanziari nostrani – tra cui spiccano le già citate Eni e Intesa Sanpaolo. Il più delle volte, le multinazionali e, di conseguenza, SACE, si inseriscono in contesti attraversati da forti instabilità socio-politiche, acuendole, oppure operano a stretto contatto con i governi che le alimentano. Il settore del gas, verrebbe da dire, è una sorta di casus belli più o meno onnipresente. Questo discorso, come visto, vale per la Russia, ma ritorna costantemente anche in altre parti del mondo.    

Pensiamo al Mozambico, dove nel nord del Paese, in cui sono presenti giganteschi giacimenti di gas, è da oltre cinque anni in atto un sanguinoso conflitto, che ha causato oltre 4mila morti e lo sfollamento di centinaia di migliaia di persone. 

Tensioni sociali e atti di violenza sono all’ordine del giorno anche nel Paese che si appresta a ospitare la 27esima Conferenza sul Clima, l’Egitto. In tutti e due i territori l’Eni ricopre un ruolo di primissimo piano nell’attività estrattiva legata al gas.

La tricolore Snam non è da meno. Il gestore della rete gas italiana ha investimenti in numerosi paesi del Mediterraneo e oggi è il più grande gestore di gas in Europa. Proprio in Egitto arriva il “gasdotto della pace” dal terminal di Ashkelon in Israele, a ridosso della Striscia di Gaza palestinese. Snam ha acquisito da poco il 25 per cento della società che gestisce il gasdotto, che fornirà sempre più gas all’Egitto viste le imponenti scoperte offshore di nuovi giacimenti avvenute in Israele. Superfluo aggiungere che il transito di gas sarà foriero di nuove tensioni nell’area, rafforzando sia il regime egiziano che quello israeliano, con buona pace dei diritti della popolazione palestinese.

Ma conflitti e tensioni sociali intrecciati con il gas non sono “prerogativa” del Sud globale. I terminal statunitensi da dove arriverà sempre più gas naturale liquefatto verso l’Europa si trovano in Texas e Louisiana, dove vivono in maggioranza persone afrodiscendenti e native dell’area. Zone di sacrificio dove le comunità vivono in condizioni di estremo disagio. Eppure Intesa Sanpaolo nel quinquennio 2016-2021 per il gas naturale liquefatto a stelle e strisce ha destinato finanziamenti per 830 milioni di dollari. Pazienza se gas diventa così sempre più sinonimo di conflitto. 

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