Ci avviamo a vivere un autunno ed un inverno difficili, segnati da una crisi energetica che è già divenuta economica e sociale, con l’incertezza della guerra che grava sempre più sull’Europa e sul resto del mondo. Queste molteplici crisi, tra loro connesse, hanno portato in cima all’agenda italiana e internazionale la questione gas.
Finalmente la crisi ha svelato la follia di un mercato del gas europeo costruito a tavolino a vantaggio di poche grandi società e alcuni attori finanziari, con il risultato perverso di legare mani e piedi dell’Unione Europea all’agenda dell’espansione del gas per decenni, “venduto” come combustibile di cui non potevamo fare a meno nella lunga, e sempre più ritardata, transizione ecologica fuori dal fossile.
Contrariamente a quello che ci viene detto dalle élite fossili, infiltrate ai più alti livelli di ogni ministero, schieramento politico e gruppo economico ed in buona parte dell’ambiente editoriale, quelli che viviamo oggi non sono i costi della transizione green, ma anzi il prezzo per non aver investito su di essa. Abbiamo continuato, al contrario, a foraggiare con sussidi pubblici le lobby fossili in nome di una sicurezza energetica costruita su accordi per l’import del gas siglati con autocrati di mezzo mondo.
Da quando la Russia di Putin ha invaso l’Ucraina, la risposta dei governi è stata quella di diversificare le fonti di approvvigionamento di gas. Con la corsa al gas stiamo arricchendo governi autocratici quali Egitto, Azerbaigian, Algeria, Repubblica del Congo, ne stiamo avallando le drammatiche politiche repressive dei diritti umani e sociali e gettando così le basi per nuovi conflitti.
Con la campagna “Tutti i costi del gas” vorremmo alzare la voce per invitare le persone a non arrendersi alla logica aberrante dell’emergenza, perché è la stessa che da decenni ci lega all’economia del gas fossile, di cui subiamo il ricatto. Proprio quando i costi del gas si impennano e la crisi colpisce famiglie, imprese e lavoratori italiani rendendo insostenibile la vita quotidiana di milioni di persone, è nostro diritto pretendere che chi è responsabile paghi ed è nostro dovere parlare di quali sono tutti i costi del gas a fianco di quelli segnati in bolletta: dalla repressione del dissenso in Egitto, alla militarizzazione e le guerre nel Nord del Mozambico, a chi ha sacrificato la propria vita a Malta per smascherare gli interessi corrotti di politici e imprenditori, fino a chi difende i territori da nuove colonizzazioni energetiche guidate dalla corsa al gas o da nuove fonti presunte “green” ma pur sempre insostenibili e imposte con la forza.
Dobbiamo parlare senza paura di cosa succede dall’altra parte dei tubi che oggi pompano il metano per le nostre caldaie e centrali elettriche, così come guardare dentro gli extraprofitti delle società energetiche tricolori e in tutti i soldi pubblici di cui queste hanno goduto, con la complicità dei vari governi che si sono succeduti negli anni. Guarderemo senza paura negli affari di Eni, Snam, Intesa Sanpaolo, Sace, solo per menzionare i principali campioni fossili tricolori della crociata pro-gas degli ultimi decenni. Senza dimenticare che, in linea con gli allarmi inascoltati delle organizzazioni internazionali, oramai non c’è più tempo da perdere per porre un freno al cambiamento climatico, ponendo fine oggi a ogni nuovo investimento in petrolio, carbone e gas, e in false soluzioni climatiche che perpetuano la dipendenza da questi, dal mare Adriatico alle coste africane e oltre.
I responsabili della crisi climatica, nonché di quella energetica, sono gli stessi che hanno alimentato una dipendenza tossica dalle risorse russe, di cui oggi goffamente i governi cercano di sbarazzarsi, per altro senza riuscirci, e anziché pagare per le loro responsabilità stanno guadagnando, da prima di questa situazione e oggi ancor di più. Le scelte di oggi, dettate dall’emergenza, segneranno il modello energetico e sociale dei prossimi anni. La ricerca delle soluzioni al disastro in cui siamo finiti è troppo importante per lasciarla nelle mani dei soliti campioni fossili ed i loro Yes Men nelle istituzioni. Il principio guida di questa ricerca dovrà essere che questa volta le élite fossili non possano farla franca, in Italia e in Europa, così come nel Sud globale.
È una questione di giustizia, #chidistruggepaga