Eppur si muove, riparte il processo alla multinazionale TAP

Riprende questa mattina a Lecce il processo che vede al tavolo degli imputati la multinazionale TAP AG e 18 manager della società e delle sue contrattate per la costruzione del contestato gasdotto TAP. Tra questi, l’ex Country manager Michele Mario Elia, il project manager per l’Italia Gabriele Paolo Lanza, a sua volta dipendente della Snam Rete Gas, società parte del gruppo Snam, a controllo pubblico e azionista al 20% di Tap AG; Marco Paoluzzi di Technip Italy, direttore dei lavori per conto della società controllata dal gruppo TechnipFMC.

Aula bunker di Lecce. Foto da pagina FB Movimento No Tap.

Il gasdotto costituisce la parte finale del Corridoio sud del gas, uno dei progetti energetici strategici della Commissione europea, ed è stato costruito grazie a uno dei finanziamenti pubblici più generosi nella storia dell’Ue: 1,5 miliardi di euro da parte della Banca europea degli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione allo sviluppo, che, con garanzia SACE e EFSI (il fondo strategico europeo) hanno favorito un accordo finanziario di 3,9 miliardi di euro, a cui hanno partecipato anche le italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit. La Bei – che oggi si definisce Banca del clima dell’Ue – ha così favorito la quasi totale copertura dei costi di costruzione, stimati in circa 5 miliardi di euro.

Il gasdotto ha iniziato lo scorso anno a trasportare gas proveniente dai giacimenti di Shah Deniz in Azerbaigian verso il mercato europeo.

Dal decreto di citazione a giudizio del 18 dicembre 2019, ben prima che la costruzione del gasdotto fosse completata, il processo ha subito numerosi rinvii delle udienze programmate, motivati dalla pandemia in corso. L’udienza dell’11 settembre 2021 è stata sospesa a causa dell’indisponibilità del giudice, poi sostituita dalla dottoressa Valeria Fedele, che presiede l’udienza di oggi.

Siamo quindi all’avvio del processo vero e proprio, con l’attesa testimonianza dei Carabinieri del Nucleo Ecologico di Lecce che ad aprile 2018 attuarono il sequestro dell’area di cantiere in località “Le Paesane” nel comune di Melendugno. Luogo dove secondo la Procura sarebbero stati commessi reati legati alla costruzione del progetto e all’espianto degli ulivi. Il cantiere venne poi dissequestrato una volta chiuse le indagini nel 2019.

Gli illeciti su cui verte il processo comprendono reati ambientali commessi tra novembre 2016 e luglio 2019. Secondo il pubblico ministero, i lavori di preparazione, di costruzione del terminal di ricezione (PRT), del micro-tunnel e di posa dei tubi sarebbero avvenuti in assenza di permessi validi. L’autorizzazione di impatto ambientale (VIA) rilasciata nel 2014 e l’autorizzazione unica del 2015 non sarebbero valide in quanto non terrebbero conto degli impatti cumulativi del progetto. La Procura ritiene non siano valide nemmeno le autorizzazioni di varianti in corso d’opera concesse dal ministero dello Sviluppo economico e relative all’espianto degli ulivi nella stessa località Le Paesane, località passata alla cronaca per la violenta repressione della protesta popolare proprio contro lo sradicamento degli alberi.

Altri illeciti comprendono l’assenza di impermeabilizzazione dei cantieri identificati come “S1” e “S2” e area Conci del cantiere di San Basilio e lo scarico di acque reflue industriali, che avrebbero portato alla contaminazione della falda acquifera con sostanze pericolose, tra le quali il cromo esavalente.

Segui la diretta dell’udienza: https://www.youtube.com/watch?v=oyvwQbyjFLY

Per saperne di più: https://www.recommon.org/giustizia-fossile/

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