In epoca di grande propaganda ed esaltazione del gas, “essenziale” per la transizione, c’è un gasdotto su cui aleggiano dubbi e incertezze a più non posso. Si chiama Eastmed e nelle intenzioni dei suoi fautori dovrebbe trasportare almeno dieci miliardi di metri cubi l’anno di gas dai ricchi giacimenti offshore di Cipro e Israele, Paese da dove partirebbero i 2mila chilometri della pipeline che attraverserebbe la parte orientale del mar Mediterraneo.
Ne abbiamo parlato in varie occasioni, anche con il video “Cipro, il gas della discordia”, in cui evidenziamo tutti i nodi geopolitici legati all’opera – occorre ricordare che Cipro è ancora un Paese diviso tra la parte turca e greca e che proprio la Turchia non gradisce molto che sia realizzato l’ennesimo tubo sull’uscio di casa.
Come con il TAP, anche Eastmed prevede un segmento finale destinato ad approdare in Italia. Sempre in Puglia ma questa volta nella perla di Otranto. Del progetto se ne parla da un po’ di anni e ciclicamente sembra destinato a non vedere mai la luce. Il conflitto in Ucraina ha complicato ancora più la vicenda, con gli Stati Uniti che non appaiono per nulla convinti della bontà dell’impresa. Un’opera così strategica in un pezzo di mondo così turbolento, in anni di trionfo del gas naturale liquefatto trasportato per nave (e in particolare dagli stessi USA) non incontra certo il favore di Washington.
Ascolta la puntata di Omissis, il podcast di ReCommon, dedicata a Eastmed
Ma c’è chi non si arrende e spinge per la costruzione di Eastmed. Per esempio Nicola Monti, l’amministratore delegato dell’Edison, società energetica italiana controllata dal colosso francese EDF. In settimana Monti è stato ascoltato in un’audizione al Senato, durante la quale si è così espresso: “alla luce di quanto successo nell’ultimo anno, della necessità di diversificare le fonti approvvigionamento in Europa, e del nuovo corso politico in Italia, chiediamo di riconsiderare l’adesione al progetto per concedere a soggetti privati, oltre ad Edison e alla greca Depa (grandi sponsor dell’opera, ndr), a tutti coloro che hanno interesse a comprare volume di gas, a realizzare investimenti, a produttori della zona di parteciparvi”. Essendo ancora tra i progetti comunitari, nel ragionamento dell’ad di Edison Eastmed garantirebbe così la possibilità di accedere ai fondi del Pnrr che in questi mesi il governo sta rivedendo in chiave RePower EU.
Insomma, serve un “ombrello politico”, ha detto Monti, sfruttando una congiuntura astrale che dovrebbe coincidere con la trasformazione dell’Italia in hub del gas, sbandierata ai quattro venti dalla premier Giorgia Meloni. Ombrello politico che però non è sicuro l’Unione europea voglia dare, mentre come detto gli Stati Uniti appaiono a dir poco recalcitranti.
Ma Monti sembra aver fatto i conti senza un altro “oste”. Secondo la rivista di settore Upstream, le società che controllano il giacimento di Leviathan, il più grande in acque israeliane, “non hanno intenzione di esportare il loro gas tramite Eastmed”. Yossi Abu, amministratore delegato della compagnia energetica israeliana NewMed Energy, ha inoltre dichiarato che “tutti i partner (del giacimento Leviathan, ndr) sono pienamente allineati nella scelta di costruire un terminal LNG galleggiante”, opera “più fattibile, dal punto di vista commerciale” rispetto alla costruzione di un mega gasdotto.
Il dato di fatto ulteriore è che Eastmed sarebbe l’ennesima bomba climatica e ambientale, destinata a durare almeno due decenni, in un contesto a rischio geopolitico e corredata da incertezza di natura tecnica. Forse sarebbe ora che anche l’Unione europea e l’Italia ripongano per sempre nel cassetto questo progetto.