L’attacco all’azionariato critico, la nostra audizione al Senato

L’articolo 12 del Disegno di legge “Competitività dei capitali” in discussione al Senato rischia di cancellare una volta per tutte l’azionariato critico. Per questa ragione, martedì 4 luglio ReCommon è stata in audizione presso la Commissione Finanze e tesoro di Palazzo Madama, con l’obiettivo di difendere le ragioni sue e di tante altre organizzazioni.

L’azionariato critico, cioè la possibilità per soggetti della società civile che detengono anche un piccolo numero di azioni di intervenire presso le assemblee degli azionisti delle società quotate, rappresenta ad oggi l’unica vera possibilità di confronto aperto con il management delle stesse, spazio in cui chiedere ragione del loro operato in tema di responsabilità ambientale, sociale e in tutte le materie non finanziarie.

Antonio Tricarico durante l’audizione al Senato – 4 luglio 2023

Da quattro anni le assemblee dei “campioni” industriali e finanziari italiani si tengono a porte chiuse, a causa dell’emergenza sanitaria derivante dalla pandemia di Covid-19. Una scusa – quella utilizzata almeno negli ultimi due anni – palese e sfacciata. Una misura reiterata dai decreti-legge Milleproroghe, che hanno anticipato un disegno evidentemente più ampio.

Già a marzo di quest’anno, ReCommon, ISDE Italia, Greenpeace Italia, The Good Lobby e Fondazione Finanza Etica hanno criticato la disposizione contenuta del DL Milleproroghe 2023, in quanto la fase emergenziale della pandemia era conclusa. Di lì a poco, l’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe sancito la conclusione dell’emergenza Covid-19. Tra i paesi dell’Unione europea la possibilità di escludere la partecipazione in presenza degli azionisti è al momento presente solo negli ordinamenti italiano e tedesco, per quanto in Germania le società abbiano favorito la partecipazione attraverso mezzi di telecomunicazione equiparabile a quella in presenza.

Come già ricordato in sede di audizione da CONSOB, Federcasse e Accademia Italiana di Economia Aziendale, rendere definitive con l’articolo 12 del DDL quelle disposizioni temporanee, prevedendo che le società possano obbligare tutti gli azionisti a delegare un rappresentante unico nominato dalle stesse, rischia di comprimere ancora di più i già limitati spazi democratici di confronto economico tra piccoli azionisti e società.


Non resteremo in silenzio. Continueremo a denunciare finché non avremo ottenuto giustizia! Ma abbiamo bisogno del sostegno di tutte e tutti, per difendere la nostra libertà ed il pianeta.


Tra i diritti degli azionisti vi è infatti anche quello di mantenere un occhio vigile sulla responsabilità sociale e ambientale delle società, come richiamato dal preambolo e dall’articolo 1 della Direttiva UE 828 del 2017, recepita dall’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo n. 49 del 10 maggio 2019. È chiaro, quindi, che l’attuale formulazione dell’articolo 12 del DDL in esame è in chiaro contrasto con lo spirito e la lettera della normativa europea.

Nelle ultime settimane, numerose associazioni di categoria ed esperti hanno espresso il proprio parere in Commissione. Ad eccezione delle poche – per quanto autorevoli – voci critiche, la stragrande maggioranza ha avallato questa norma bavaglio, con varie gradazioni di gravità.

È il caso di enti come l’Associazione Bancaria Italiana, Assogestioni e Assonime, in cui è preponderante la presenza – e quindi il peso – di Intesa Sanpaolo, banca fossile n.1 in Italia.

Tra le proposte peggiorative di una norma già di per sé ostile, vi è innanzitutto quella di permettere la partecipazione attiva solo agli azionisti con una consistente quota di capitale. Una discriminazione alla luce del sole, anche perché la precedente Direttiva UE 36 del 2007 richiede che le società assicurino “la parità di trattamento di tutti gli azionisti che si trovano nella stessa posizione per quanto concerne la partecipazione e l’esercizio dei diritti di voto in assemblea”.

C’è poi la proposta di rendere operativi questi provvedimenti senza la necessità di cambiare lo statuto delle società. Il cambio di statuto necessiterebbe infatti l’organizzazione di assemblee straordinarie, che, come da DL Milleproroghe, dopo il 31 luglio si dovrebbero tenere nuovamente in presenza: è evidente il maldestro tentativo di evitare in qualsiasi modo un contraddittorio de visu e il conseguente imbarazzo di deliberare una scelta antidemocratica.

Il 4 luglio, in audizione a Palazzo Madama vi era anche l’avvocato Dario Trevisan dello studio legale Trevisan & Associati, che negli ultimi quattro anni di assemblee a porte chiuse ha operato come rappresentante designato alle deleghe di voto per varie società italiane. Tra queste troviamo Eni e Snam, tra i padroni del clima del nostro Paese. Nel suo intervento, Trevisan ha affermato che “uno dei principali motivi (se non l’unico) per cui (in assenza di problematiche legate a doveri di distanziamento per ragioni di salute pubblica) si vorrebbe utilizzare lo strumento dell’assemblea “a porte chiuse” è, nella sostanza, legato all’opportunità di poter arginare l’intervento in assemblea dei c.d. “soci disturbatori” e/o di azionisti il cui interesse non è affatto legato al valore (anche in ipotesi relativamente esiguo) del proprio investimento”.

“Soci disturbatori” è stato anche il termine utilizzato a febbraio 2023 da Luciano Acciari, coordinatore del Forum dei segretari dei CdA e membro del management di Leonardo, per sostenere l’inserimento di questa norma nel DL Milleproroghe 2023 e innescare il “dibattito” che ha portato all’articolo 12 del DDL oggi in esame. Un disegno più ampio, quindi, che arriva da lontano: quello di decretare la fine dell’azionariato critico – in crescita in Italia negli ultimi anni.

Nonostante le circostanze siano contro di noi, continueremo a portare avanti la nostra battaglia in tutte le sedi opportune. Nelle assemblee delle società si decide il nostro futuro, in un presente precario di crisi climatica, guerre, povertà energetica ed economica che le stesse hanno contribuito ad alimentare. È una questione di trasparenza e democrazia.

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