[di Alessandro Runci] – pubblicato su Il Manifesto del 22/04/20
È risaputo come in ogni crisi ci sia qualcuno disposto a tutto pur di guadagnarci. Ma si rimane comunque esterrefatti di fronte alla spregiudicatezza e all’abilità con cui una multinazionale e i suoi alleati politici siano riusciti a trasformare una catastrofe in un’opportunità.
La multinazionale in questione è la canadese TC Energy, prima nota come TransCanada, proponente del contestatissimo oleodotto KeystoneXL, che partendo dal Canada arriverà fino al Texas.
Per oltre dieci anni, il progetto da 8 miliardi di dollari è rimasto sulla carta, ma con la pandemia potrebbe essere arrivata la svolta. Il governatore dell’Alberta, la regione canadese da cui dovrebbe partire l’oleodotto, ha approvato un investimento di 1,5 miliardi di dollari nel progetto e stanziato ulteriori 6 miliardi in garanzie pubbliche. Due giorni prima, il governatore aveva annunciato tagli drastici all’istruzione per far fronte alle spese sanitarie, lasciando a casa circa 20mila insegnanti.
L’intervento pubblico rimaneva la sola strada percorribile per KeystoneXL, data la reticenza delle banche a finanziare un’opera dai rischi così elevati. Primo tra tutti, la promessa fatta dalle comunità indigene nordamericane e migliaia di attivisti di intralciare la realizzazione dell’opera.
Ma l’attuale regime di lockdown, che al momento impedirebbe una mobilitazione di massa, offre un’opportunità unica per i proponenti del progetto. Non appena si è materializzato lo stanziamento dei fondi, TC Energy ha dato il via ai lavori nel Montana, a ridosso del confine canadese.
Che qualcosa fosse nell’aria lo si era capito già qualche settimana prima, quando il governatore del South Dakota, snodo cruciale dell’oleodotto, aveva fatto approvato una legge che inasprisce fortemente le pene per chi protesta contro le pipelines, ri-classificate come infrastrutture critiche.
A preoccupare è il pericolo di una nuova rivolta come quella dei Sioux contro la Dakota Access Pipeline, culminata nel celebre accampamento di Standing Rock, dove migliaia di persone hanno fronteggiato per mesi fra il 2016 e il 2017 le truppe dell’Army Corps of Engineers. Ed è proprio a questo che le tribù indigene di Fort Peck, nel Montana, si preparano da anni. Dal 2008, non hanno mai smesso di denunciare gli impatti catastrofici che il progetto avrebbe sui loro territori e non solo.
L’oleodotto dovrebbe trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose canadesi fino alle raffinerie del Golfo del Messico. Il tragitto prevede che la conduttura passi al di sotto del fiume Missouri in Montana, l’unica fonte idrica per le comunità della riserva di Fort Peck. Andando verso sud, in Nebraska, il KeystoneXL attraverserebbe per 400 chilometri la falda acquifera Oagalla, una delle più grandi al mondo, le cui riserve irrigano buona parte dei campi agricoli statunitensi.
I danni di una fuoriuscita di petrolio nei pressi di questi bacini idrici sarebbero incalcolabili, specialmente per le già marginalizzate comunità indigene che non dispongono di alternative per l’approvvigionamento di acqua.
A novembre del 2019, una fuoriuscita dall’altro oleodotto Keystone ha causato lo sversamento di un milione di litri di petrolio, contaminando un’area del North Dakota pari a quattro campi da football. A questi rischi si aggiunge quello di un’esplosione dei contagi da coronavirus nelle aree rurali interessate dall’opera.
Migliaia di lavoratori sarebbero in arrivo da ogni parte del paese, per essere poi alloggiati in una dozzina di affollatissimi workers camps che rischiano di accendere focolai proprio a ridosso delle riserve indiane. Per delle comunità già immuno-compromesse e con limitato accesso ai servizi ospedalieri, il risultato potrebbe essere catastrofico. “Ci fa tornare con la memoria a quando venivano distribuite coperte infette di vaiolo alle nostre tribù, deliberatamente”, ha commentato una leader dei Sioux del South Dakota.
E poi c’è la questione climatica. Il petrolio che si estrae dalle sabbie bituminose canadesi è molto più inquinante del normale greggio. Con il completo sfruttamento del bitume dell’Alberta le conseguenze sarebbero disastrose.
Fu proprio questo a convincere Barack Obama a bocciare l’opera nel 2015. Decisione immediatamente ribaltata da Donald Trump, pochi giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Resta da vedere cosa succederà con le prossime elezioni. Il candidato democratico Joe Biden non ha ancora assunto una posizione chiara sull’opera, scatenando le ire del fronte più progressista.
La strada rimane comunque in salita per TC Canada. La scorsa settimana, un giudice del Montana ha revocato uno dei permessi chiave per il Keystone XL, sconfessando la precedente valutazione di impatto ambientale.
Nel frattempo i leader delle comunità indigene e decine di gruppi ambientalisti hanno fatto sapere che continueranno a lottare contro quest’opera devastante, con ogni mezzo possibile.