Oggi il ministero degli Affari esteri ha scritto al Fatto Quotidiano in merito all’articolo di Stefano Vergine che parlava del nostro rapporto “Tutti gli Uomini del ministero”. Questa la nostra contro-replica.
Il “Sistema Italia” di cui parla il ministero degli Affari esteri si basa su un assunto – mai discusso democraticamente e non comprovato dai fatti – che il bene delle imprese “campioni italiani” nel mondo, in primis l’Eni, coincida con gli interessi degli italiani sia in materia di politica estera, sia a livello economico.
Ma chi ha deciso che le imprese che hanno una corsia preferenziale alla Farnesina siano quelle da “premiare” rispetto ad altre? Quale consultazione pubblica è avvenuta? Che verifica è stata fatta della compliance dell’operato di tali aziende con gli obiettivi e politiche dell’azione esterna, come definiti nei trattati che istituiscono e regolamentano il funzionamento dell’UE? Temiamo che gli assunti della Farnesina siano semplicistici ed errati. Perché, allora, il ministro Luigi Di Maio, paladino della democrazia dal basso, non indice una vera consultazione popolare su questi temi e chi premiare nel “Sistema Italia”
Allo stesso tempo il ministero menziona significativi risultati ottenuti dalla osannata partnership pubblico-privata, quale quella tra il Mae e l’Eni. Ci chiediamo per chi questo schema abbia funzionato “molto bene”. Di certo non per le comunità che vivono nel Delta del Niger, o nella regione mozambicana di Capo Delgado: loro ci dicono che il Sistema-Italia è una vera e propria maledizione. Vorremmo sapere se quale è stato il miglioramento della condizione dei diritti umani e del rispetto di accordi internazionali al riguardo da parte dell’Egitto in seguito all’azione congiunta Farnesina-Eni? E cosa ha portato la continua presenza di Eni nello scenario di guerra in Libia? Oppure nel contesto della guerra in Iraq e quello che ne è seguito? Se la politica estera e di sviluppo deve essere results-based, come chiede la comunità internazionale, è tempo che la Farnesina dettagli i propri successi.
Questa la lettera inviata dal Ministero degli Affari Esteri al Fatto Quotidiano:
Caro Direttore, le scrivo per fornire alcune precisazioni rispetto all’articolo dal titolo, tanto accattivante quanto fuorviante, “Uomini Eni alla Farnesina: l’accordo segreto del 2008”.
In realtà, non c’è alcun “accordo segreto”, come dimostrato dal fatto che la presenza di dipendenti ENI (così come di quelli di tutti gli altri “esterni” che a vario tiolo collaborano con il MAECI) è doverosamente pubblicata sul sito della Farnesina.
Segnaliamo anche che le “rivelazioni” contenute nel citato rapporto di Re:Common, altro non sono se non le informazioni fornite alla stessa Re:Common proprio dalla Farnesina nell’ambito di una richiesta di accesso agli atti FOIA (Freedom of Information Act).
Dopo questo doveroso inquadramento, mi permetta poche righe per entrare nel merito della questione. Come noto, il MAECI ha tra i propri compiti fondamentali quello di sostenere l’internazionalizzazione delle nostre imprese e di perseguire gli obiettivi di diplomazia economica con azioni di promozione degli interessi delle aziende italiane nel mondo. Tutto ciò, evidentemente, a sostegno della nostra economia e, in ultima analisi, del Paese.
Quello che l’articolo definisce ”infiltrazione” per noi è dare forma al concetto di “Sistema Paese”. Per svolgere questa azione strategica la Farnesina – lo confermiamo – collabora stabilmente, come consentito dalla legge, non solo con ENI, ma anche con molte altre aziende (quali ENEL, SNAM, LEONARDO..) distaccando presso di esse un consigliere diplomatico. Si tratta di uno schema che funziona molto bene, come dimostrano i significativi risultati ottenuti.
Ciò premesso, spiace davvero constatare che la collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, quel “fare sistema” tanto spesso invocato anche sul quotidiano da Lei diretto, venga strumentalizzata per alimentare polemiche tanto sterili quanto prive di fondamento.