[di Elena Gerebizza]
Venerdì 11 settembre iniziano a Lecce due processi che in diversa maniera riguardano la società Trans Adriatic Pipeline (TAP AG) e il contestato gasdotto TAP.
In uno la società con sede in Svizzera, promotrice di uno dei progetti energetici più grandi (e climalteranti) in costruzione nell’Unione europea, sarà accusata di disastro ambientale assieme ai propri manager e alle società a cui sono stati appaltati i lavori di costruzione. Nell’altro non si esclude che possa costituirsi parte civile nel procedimento contro oltre novanta persone che hanno intrapreso una resistenza pacifica per fermare i lavori di costruzione del gasdotto. Questi ultimi, se ritenuti colpevoli, dovranno pagare multe fino a 240mila euro e spese legali fino a 70mila euro.
Il processo per disastro ambientale: accuse e accusati
Il decreto di citazione a giudizio, emesso il 18 dicembre 2019 e firmato dal pubblico ministero Valeria Farina Valaori, menziona tra gli imputati diciotto manager della società Trans Adriatic Pipeline e delle diverse società contrattate per l’esecuzione dei lavori, oltre alla stessa società TAP AG nella persona dei direttori dotati di potere di rappresentanza della società in Italia, l’ingegner. Luca Schieppati e l’avvocato Elisabetta de Michelis. La società sarà difesa dagli avvocati Paola Severino (ex ministro della Giustizia e vice presidente dell’Università LUISS Guido Carli di Roma) e Francesco Paolo Sisto.
Tra gli imputati, il Country manager Michele Mario Elia; il project manager per l’Italia Gabriele Paolo Lanza, anche dipendente di Snam Rete Gas, società parte del gruppo Snam, a controllo pubblico e azionista al 20% di Tap AG; Marco Paoluzzi di Technip Italy, direttore dei lavori per conto della società controllata dal gruppo TechnipFMC.
Gli illeciti su cui verterà il processo comprendono reati ambientali commessi tra novembre 2016 e luglio 2019, legati alla costruzione del progetto e all’espianto degli ulivi in località “Le Paesane”, dove la procura ha messo sotto sequestro l’area di cantiere ad aprile 2018, poi dissequestrato una volta chiuse le indagini nel 2019.
Secondo il pubblico ministero, i lavori di preparazione, di costruzione del terminal di ricezione (PRT), del micro-tunnel e di posa dei tubi sarebbero avvenuti in assenza di permessi validi. L’autorizzazione di impatto ambientale (VIA) rilasciata nel 2014 e l’autorizzazione unica del 2015 non sarebbero valide in quanto non terrebbero conto degli impatti cumulativi del progetto. La Procura ritiene non siano valide nemmeno le autorizzazioni di varianti in corso d’opera concesse dal ministero dello Sviluppo economico e relative all’espianto degli ulivi nella stessa località Le Paesane, località passata alla cronaca per la violenta repressione della protesta popolare proprio contro lo sradicamento degli alberi.
Altri illeciti comprendono l’assenza di impermeabilizzazione dei cantieri identificati come “S1” e “S2” e area Conci del cantiere di San Basilio e lo scarico di acque reflue industriali, che avrebbero portato alla contaminazione della falda acquifera con sostanze pericolose, tra le quali il cromo esavalente.
Il precedente del 2014
Va ricordato che la procura di Lecce aveva già aperto e poi chiuso un primo fascicolo sul caso TAP facendo seguito alle numerose segnalazioni di abusi pervenute ai suoi uffici dal 2014 (quando il ministero dell’Ambiente aveva approvato la Valutazione di impatto ambientale nonostante il significativo numero di commenti negativi). Nel 2018 decise di riaprire le indagini, in seguito alla presentazione di un esposto da parte del comune di Melendugno nella persona del suo sindaco, Marco Potì, assieme ai sette primi cittadini dei comuni confinati e colpiti dagli impatti derivanti dalla costruzione del TAP.
L’esposto segnala anche la stretta connessione tra il TAP e il gasdotto di circa 50 chilometri che Snam sta costruendo per collegare lo stesso TAP alla rete di distribuzione del gas (conosciuto come “Tap Interconnector” e considerato progetto di interesse comune dalla Commissione europea): secondo il documento, le due opere non avrebbero senso se prese separatamente e i loro impatti cumulativi andrebbero calcolati nella Valutazione di impatto ambientale.
I lavori della Procura sono durati quasi due anni e hanno preso in esame i due filoni in cui la stessa Procura aveva “raggruppato” i numerosi esposti presentati oltre che dai sindaci anche da privati cittadini e associazioni del territorio parte del Movimento No Tap. Questi riguardano da un lato la verifica dell’implementazione della normativa Seveso sul rischio di incidenti rilevanti da impianti industriali, e dall’altra i danni ambientali derivati dalla costruzione del gasdotto. Dopo qualche mese dalla chiusura delle indagini, nel dicembre del 2019 la procura di Lecce ha pubblicato la citazione in giudizio e annunciato l’inizio del processo ad aprile 2020.
La data della prima udienza è stata poi rinviata all’11 settembre 2020 a causa della pandemia.
Re:Common ha denunciato la devastazione ambientale e gli interessi nascosti del Tap già dal 2013, quando partecipò a un’audizione alla Commissione esteri della Camera dei Deputati organizzata in occasione della discussione al Parlamento dell’accordo intergovernativo riguardante il gasdotto TAP. Da allora ha condotto una campagna internazionale, assieme a organizzazioni non governative e attivisti e a sostegno del Movimento No Tap, per impedire il finanziamento pubblico e privato del progetto e denunciare le responsabilità delle istituzioni europee.
Per questo saremo presenti alla prima udienza del processo che vede tra gli imputati la società Tap AG con una diretta twitter che potete seguire dall’account @Recommon