Stop alla riconversione a gas della centrale a carbone sarda. Che c’è sotto?

Il 23 giugno 2022 EP Produzione, parte del gruppo ceco EPH, ha chiesto la sospensione per 12 mesi del progetto di conversione a gas della centrale a carbone sita in località Fiume Santo, in Sardegna, proprio di fronte all’isola dell’Asinara. A riportarlo è il quotidiano La Nuova Sardegna, mentre ancora nessuna notizia è stata pubblicata sul sito della società, di proprietà del magnate ceco Daniel Kretinsky. Sembra che a mettere in crisi la holding sia stato il contesto d’instabilità relativa al mercato del gas, nonché i timori legati sia ai costi sia agli approvvigionamenti.

Centrale a carbone di Fiume Santo, foto©Carlo Dojmi di Delupis/ReCommon

Ma c’è dell’altro: c’è poca fiducia nel progetto di Enura (gruppo Snam) rispetto alla cosiddetta Virtual Pipeline Nord, anch’essa per ora solo sulla carta e che dovrebbe “veicolare” il gas di Fiume Santo. Approfondendo la procedura pubblica di valutazione d’impatto ambientale, emergono infatti diverse lacune del progetto presentato di Enura al ministero della Transizione ecologica e segnalate nelle osservazioni alla procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale): tra queste, l’assenza di una valutazione dell’impatto cumulativo del progetto, le valutazioni dei particolati e un piano di monitoraggio incompleto. Secondo le osservazioni di ReCommon, la centrale è dipendente anche da altre infrastrutture – ancora da costruirsi – parte del progetto di Virtual Pipeline del gas per il nord-ovest della Sardegna. Eppure, come accennato, non è stato valutato il suo impatto cumulativo. Sia l’Istituto Superiore di Sanità che la stessa commissione VIA hanno per ben due volte richiesto approfondimenti, che l’azienda dovrebbe ancora produrre.

La centrale a ciclo combinato, che sarebbe stata utilizzata prevalentemente a gas, avrebbe avuto una potenza di circa 560 MW, da costruire in due fasi per consegnare l’opera compiuta intorno al 2026. La centrale sarebbe stata uno dei principali beneficiari del progetto più ampio di Enura/Snam di “metanizzazione” della Sardegna. In termini quantitativi, se EPH si tirasse indietro, anche la Virtual pipeline nord perderebbe ragione di esistere. Le due opere sono talmente interconnesse che senza una perde ragione di esistere anche l’altra. 

Negli ultimi anni la Sardegna è stata “consegnata” agli interessi espansionistici di Snam, nonostante l’opposizione al suo piano denunciato da anni dal Comitato No al Metano e da diverse amministrazioni locali, le quali hanno preso posizione contro l’arrivo del gas fossile sull’isola. Tramite la controllata Enura, la multinazionale aveva trasformato il progetto della “ dorsale” del metano, ovvero un gasdotto che avrebbe dovuto attraversare l’isola da nord a sud, in tre “mini-dorsali”, ossia delle reti di distribuzione concentrate nei tre poli dell’isola dove sono presenti le grandi industrie e i centri abitati più grandi. Mentre pubblicamente governo e sindacati appoggiavano le mini-dorsali come ottimo piano B, che avrebbe dovuto rilanciare i poli industriali in crisi, Snam ne parlava come la prima fase di un progetto più ampio, che in un secondo momento avrebbe previsto anche la costruzione del mega-gasdotto. In pratica intendeva comunque rilanciare la tanto vituperata “dorsale unica”, fortemente criticata nell’analisi costi-benefici di ARERA, l’ente regolatore italiano.

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Snam, giù le mani dalla Sardegna
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I punti di rifornimento previsti dal progetto di metanizzazione della Sardegna – le virtual pipeline nord e sud di Snam sono due rigassificatori offshore (FSRU) con capacità di stoccaggio di 140.000 mc3 a sud e 25.000 mc3 a nord. Secondo quanto riportato da La Nuova Sardegna, una capacità di stoccaggio “forse non in grado di alimentare in sicurezza una centrale a gas e la rete urbana nel triangolo Sassari-Alghero-Porto Torres”, ma decisa da Terna.  Oltre a questo, non è per niente chiaro quando Snam aprirà la gara per l’acquisto della FSRU da installare a Porto Torres, non vi sono certezze rispetto ai tempi necessari a trovare la nave gasiera e a completare la sua conversione.

Infine, la grande incognita sul costo del gas, che rimarrà molto alto per i prossimi anni. Tutti fattori di cui EPH avrà tenuto conto prima di chiedere lo stand by della procedura di conversione.

A questo punto ci chiediamo perché Snam e il governo, che sono “complici” in questo tentativo fuori dal tempo di portare il metano in Sardegna, non riconoscono, come di fatto sta facendo il gruppo EPH, che la loro pianificazione energetica per la Sardegna fa acqua da tutte le parti? Per quale motivo occorre rendere una regione dipendente dal gas proprio adesso che stiamo toccando con mano i limiti e i contraccolpi di queste scelte?La nostra risposta è netta: il metano non deve arrivare in Sardegna! Non serve ai sardi e non servirà a risollevare il comparto industriale dati i costi esorbitanti che avrà, ma soprattutto va in direzione ostinata e contraria a una giusta transizione energetica, della quale il ministero della Transizione ecologica dovrebbe essere paladino. È tempo che il governo faccia un passo indietro e riveda le sue scelte. I due terminal FSRU non servono alla Sardegna, il gas non farebbe che aumentare l’incertezza per il sistema economico e produttivo del futuro, che invece può essere pianificato oggi a partire dai territori e da un sistema di produzione energetica distribuito, radicato nelle rinnovabili di piccola scala e pensato e sviluppato dalle comunità territoriali.


Non resteremo in silenzio. Continueremo a denunciare finché non avremo ottenuto giustizia! Ma abbiamo bisogno del sostegno di tutte e tutti, per difendere la nostra libertà ed il pianeta.


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