La campagna per le elezioni politiche è stata costellata da mance elettorali dell’industria fossile strombazzate ai quattro venti dai soliti media “amichevoli”, fatte salve poche eccezioni. Si è parlato del gas “regalato” da Eni ai lucani a mo’ di compensazione per gli impatti delle estrazioni in Val d’Agri – e allora tutti i residenti vicino ai petrolchimici Eni dagli impatti atavici perché non hanno avuto la benzina gratis? – e del “generoso” pagamento di 1,4 miliardi di tassa sugli extra profitti energetici sempre da parte del cane a sei zampe. Il tutto mentre altre società hanno addirittura fatto ricorso contro la modesta imposta proposta dal governo.
Di sicuro Eni e le altre imprese energetiche vanno dritte per la loro strada a prescindere da chi guiderà il governo, oramai sicure della nuova legittimazione sociale avuta in qualità di salvatrici della patria fintantoché importeranno abbastanza gas per far fronte al prossimo inverno. Il tutto in barba a ogni logica di decarbonizzazione e transizione giusta fuori dal fossile. Poco conta che i prezzi di gas ed elettricità rimangano astronomicamente alti per cittadini e piccole imprese.
È interessante notare come “i soliti noti”, anche in questa fase di crisi energetica, abbiano continuato il loro battage pubblicitario su quanto siano divenute green, anche grazie al gas fossile. Sono quindi loro i campioni della transizione, di cui i cittadini oramai non devono più preoccuparsi. La verniciata di verde che riveste ogni comunicazione riguardante l’energia, combinata con il nuovo patriottismo per i campioni italiani che lavorano giorno e notte per non lasciarci al freddo – pur continuando a fare palate di extra-profitti che consegnano agli investitori senza coinvolgerli in un’autentica transizione – è sempre più un problema, specialmente in un Paese come l’Italia, dove la quasi totalità dei grandi media è controllato da imprese fossili o a loro molto vicine.
Il riscaldamento globale dovuto alla combustione forsennata dei combustibili fossili e i fenomeni estremi legati ai conseguenti cambiamenti climatici sono oramai una realtà e l’estate appena conclusa è stata segnata ogni settimana da una tragedia, che vuol dire costi umani, ma anche sociali e ambientali. Senza menzionare il fatto che da decenni nelle “zone di sacrificio” italiane si muore di gravi malattie per la vicinanza all’estrazione e al processamento dei combustibili fossili.
Se carbone, petrolio e gas uccidono, allora come si è fatto per il tabacco bisognerebbe mettere al bando le pubblicità e le sponsorizzazioni fossili. Subito. Non solo il bombardamento pubblicitario delle major dell’energia tricolori è continuo, poiché l’editoria dipende da queste per far quadrare i proprio conti, ma sempre più anche gli eventi culturali di punta del nostro Paese sono marchiati da loghi fossili, per ultimo il Festival della Cultura di Mantova sponsorizzato da Eni e non solo. Per questo va firmata la petizione di Greenpeace che chiede ai legislatori europei di intervenire su questo tema. Sono gli ultimi giorni per farlo. Se in Italia poco o nulla si muoverà in materia, ben venga che l’Europa intervenga, se non soccombe anch’essa alle indefesse lobby fossili.