Regno Unito – La centrale nucleare di Hinkley Point

Hinkley Point si prospetta come una delle opere infrastrutturali europee più costose degli ultimi anni, visto che il conto finale dovrebbe ammontare a 18 miliardi di sterline (21 miliardi di euro). Circa un terzo dei fondi arriveranno dalla China General Nuclear Power Corporation, partner in questa impresa della francese EDF (84,4 delle quote in mano statale) che costruirà e gestirà la centrale e che già ha in capo il reattore esistente. Dopo anni di attesa, l’approvazione definitiva del progetto è giunta solo nel 2016, dopo il G20 tenutosi in Cina. L’entrata di Pechino in Hinkley Point è ritenuta di importanza vitale. L’EDF ha debiti per oltre 37 miliardi di euro e senza un consistente sostegno esterno non sarebbe stata in grado di accollarsi la realizzazione dell’opera.

Hinkley Point – Foto Luca Manes/ReCommon

Non che aiuti non fossero arrivati già dal governo guidato da David Cameron, che nell’ottobre del 2013 aveva accordato all’EDF garanzie su prestiti fino a un massimo di 17 miliardi di sterline e aveva stabilito uno strike price a palese vantaggio dell’impresa. Per un periodo di 35 anni, a partire dal 2023 (quando si prevedeva la consegna di Hinkley Point C, ormai slittata almeno al 2025), ai transalpini si assicurerebbe un prezzo di vendita dell’energia di 92,5 sterline a megawatt per ora. Esattamente il doppio del costo attuale. L’importo andrà chiaramente attualizzato in relazione al tasso di inflazione, ma ciò che rileva dell’intero meccanismo contrattuale è che se l’EDF non potrà distribuire l’elettricità a quel prezzo la differenza ce la metteranno gli utenti con una sovrattassa in bolletta. La logica che sottende questa apparente clausola capestro è che fra circa un decennio i combustibili fossili saranno talmente cari che il nucleare converrà, anche a quelle cifre apparentemente ora fuori mercato. Un assunto sul quale rimangono un’infinità di dubbi, anche da parte di coloro che non sono apertamente contro il nucleare.

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