ReCommon e i suoi partner internazionali chiedono l’impugnazione della sentenza OPL 245

I giudici del Tribunale di Milano ieri hanno pubblicato le motivazioni della sentenza del processo penale contro Eni, Shell e altri per presunta corruzione internazionale nell’acquisizione del giacimento petrolifero OPL 245 in Nigeria.

Gli imputati sono stati tutti assolti nel marzo 2021 perché il fatto non sussiste. Come in ogni processo penale, per una condanna era richiesta la prova oltre ogni ragionevole dubbio.

I giudici hanno stabilito che “la prova della dazione illecita o l’illegittimità dell’atto non sono considerati sufficienti, neppure congiuntamente, ad integrare la prova del reato di corruzione domestica o internazionale”. I giudici hanno ritenuto che fosse necessaria “la dimostrazione dell’intervenuto accordo tra le parti” sulla corruzione. Secondo i giudici, non è stata trovata alcuna prova di tale accordo esplicito.

Per Global Witness, HEDA, ReCommon e The Corner House: “La sentenza mette a nudo la carcassa puzzolente dell’accordo OPL 245. Molti saranno disorientati dalle conclusioni tratte dai giudici. L’asticella che hanno fissato per una condanna per corruzione internazionale è incredibilmente alta – presentando alle aziende una sorta di biglietto ‘esci gratis di prigione’. Esortiamo il pubblico ministero ad appellare questa sentenza, che, se definitiva, creerebbe un terribile precedente per la lotta globale contro la corruzione e la possibilità di chiedere conto alle compagnie fossili del loro operato”.

Nella motivazioni della sentenza, i giudici hanno espresso preoccupazione per la movimentazione di quasi mezzo miliardo di dollari in contanti nell’affare, affermando che “l’ammontare di denaro non tracciabile, movimentato con le descritte modalità, è una prova indiziaria del carattere genericamente illecito dei pagamenti derivati dai proventi di OPL245, non è invece condivisibile l’assunto conclusivo che gran parte di tale somma in contanti – se non tutta – sia finita nella disponibilità dei pubblici ufficiali nigeriani che hanno reso possibile gli accordi illeciti su OPL 245”

I giudici hanno scoperto che il denaro dell’affare OPL 245 è andato a Dan Etete, un ex ministro del Petrolio nigeriano, che mentre era in carica ha assegnato il blocco a Malabu, una società da lui controllata.

I giudici hanno anche stabilito che il procuratore generale della Nigeria Mohammed Adoke ha ricevuto denaro dall’affare OPL 245. Tuttavia, i giudici hanno scoperto che il denaro potrebbe aver rappresentato il pagamento di un debito precedente dovuto da Etete e che non c’erano prove di un accordo corrotto. Adoke ha negato di aver commesso illeciti e dice che il pagamento faceva parte di una transazione immobiliare con Abubakar Aliyu, che ha anche egli negato di aver commesso illeciti. Nessuno dei due era imputato nel processo di Milano.

I gruppi hanno detto che esamineranno con attenzione la sentenza per vedere come si allinea con gli standard internazionali anti-corruzione.

La data di scadenza della licenza di Shell ed Eni per esplorare il blocco OPL 245 è ormai passata. Nessuna approvazione è stata autorizzata dal governo nigeriano per lo sviluppo del blocco.

 

Note per i redattori:

La sentenza dei giudici sulla prova richiesta per condannare si trova a pagina 61 della sentenza. Nell’originale italiano la sezione recita in questo modo:

“Tale premessa è indispensabile per rimarcare le differenze con le diverse fattispecie di concussione o indebita dazione (artt. 317 e 319 quater cp), peraltro all’epoca dei fatti escluse dal perimetro di rilevanza penale, se commesse in forma internazionale. Del resto, la giurisprudenza di legittimita tiene ad evidenziare |’accordo quale elemento centrale del fatto tipico di corruzione, caratterizzante il reato al fine di evitare il pericolo di identificare la dazione illecita al pubblico ufficiale con il reato stesso di corruzione. Da tale principio di diritto consegue che le condotte esecutive dell’accordo (la dazione illecita al pubblico ufficiale e l’atto illecito del pubblico ufficiale) rappresentano elementi accessori che approfondiscono l’offesa tipica, costituendo, sul piano probatorio, indizi della sua pattuizione, ma non esauriscono la prova della corruzione, la quale rimane fondata sulla dimostrazione dell’intervenuto accordo tra le parti, specificamente individuate. Pertanto, anche la prova della dazione illecita o l’illegittimità dell’atto non sono considerati sufficienti, neppure congiuntamente, ad integrare la prova del reato di corruzione domestica o internazionale, perché sono elementi comuni anche ad altri reati. In particolare, la dazione illecita, a differenza di altri ordinamenti, nel nostro sistema caratterizza tre diversi reati: la corruzione, la dazione indebita e la concussione.”

La decisione dei giudici sui flussi di denaro non rintracciabili si trova a pagina 315 della sentenza. Nell’originale italiano la sezione recita così:

“Pur concordando con l’accusa che l’ammontare di denaro non tracciabile, movimentato con le descritte modalità, è una prova indiziaria del carattere genericamente illecito dei pagamenti derivati dai proventi di OPL245, non é invece condivisibile l’assunto conclusivo che gran parte di tale somma in contanti — se non tutta — sia finita nella disponibilità dei pubblici ufficiali nigeriani che hanno reso possibile gli accordi illeciti su OPL 245. Altrettanto non condivisibile è la certezza accusatoria che gli attuali imputati si fossero rappresentati e abbiano contribuito a tali illeciti pagamenti, argomento che sarà oggetto del” prossimo capitolo.

La decisione dei giudici sui flussi di denaro a Adoke si trova dalle pagine 257 a 261 della sentenza.

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