Introduzione
In passato sono state diverse le ragioni per cui la società civile italiana si è attivata contro un progetto di sviluppo dai devastanti impatti socio-ambientali pianificato in un Paese lontano: per il coinvolgimento di un’impresa italiana, per un forte legame con la società civile locale o per il valore simbolico del luogo e della resistenza sociale contro il progetto.
La campagna italiana “Patagonia senza dighe” nasce dall’intreccio di queste motivazioni raccogliendo l’appello alla mobilitazione lanciato dal “Consiglio per la Difesa della Patagonia”, una coalizione internazionale di 58 organizzazioni che lotta per fermare la costruzione di 5 impianti idroelettrici nella regione di Aysén in Cile. La Patagonia è uno degli ultimi angoli incontaminati del pianeta, con una biodiversità ed un patrimonio naturale unici al mondo.
Il Cile ha subito una dittatura brutale durante la quale il paese si è trasformato in laboratorio sperimentale per le teorie neo-liberiste di Milton Friedman e i suoi ragazzi di Chicago. Durante la giunta militare di Augusto Pinochet, sostenuta da tutti i Paesi occidentali, è stata approvata una nuova Costituzione che ha avviato profondi e radicali processi di privatizzazione delle principali risorse e dei servizi pubblici.
Quella Costituzione e le leggi che ne sono derivate sono ancora oggi in vigore. Fra queste il “Codice dell’acqua”, definita da molti analisti il corpo legislativo più privatista del mondo, che ha regalato i diritti di sfruttamento idroelettrico dei fiumi cileni a poche grandi imprese private, Endesa in testa. Endesa nel 2008 è stata acquistata dall’ENEL e quindi per un terzo appartiene a tutti i contribuenti italiani. È per tale motivo che riteniamo imprescindibile costruire una mobilitazione in Italia.
Non possiamo accettare di essere complici della distruzione di uno degli ultimi luoghi incontaminati del pianeta sulla base di diritti acquisiti sotto una feroce dittatura. In Italia il movimento per l’acqua pubblica ha raccolto un milione e 400 mila firme per il referendum con lo slogan “si scrive acqua, si legge democrazia” ed il progetto delle dighe nella Patagonia cilena ci ricorda in maniera esemplare e simbolica che questa è una battaglia globale. Non solo per fermare l’ennesimo progetto con impatti disastrosi ma anche per costruire un’alternativa basata su un modello energetico decentralizzato e una gestione pubblica partecipata delle risorse naturali.
Settembre 2010