Messico: l’ennesimo treno ad alta voracità

[di Filippo Taglieri]

Il governo federale del Messico sta assegnando i primi appalti per uno dei mega progetti fortemente voluti dal presidente Andrès Manuel Lopez Obrador: il Treno Transístmico.

Con questo progetto, l’esecutivo di Città del Messico ha provato a dare un segnale di discontinuità con il passato. Da un lato ha voluto rassicurare i mercati e gli interessi del capitalismo nazionale e globale, mentre dall’altro intenderebbe consegnare una grande opera che nel breve termine possa generare nuovi impieghi (purtroppo presumibilmente di bassa qualità) e che venga consegnata nei tempi di esercizio del loro governo, garantendo dunque credibilità al loro operato. Parliamo di appalti per circa 145 milioni di euro.

Il progetto è affascinante e mostruoso al contempo. L’investimento pubblico per facilitare la circolazione delle merci è l’ultima moda del capitalismo globale (leggi in proposito “Zone Economiche Speciali, opportunità o business as usual?). La logica prevede che invitare imprese ad investire nei territori generi di per sé sviluppo, in molti casi dunque l’obiettivo è ridurre i tempi di percorrenza delle merci per rubare mercato al canale di Panama. La faccia mostruosa di questi interventi è la radicale trasformazione territoriale, il tutto minimizzando, nella narrazione pubblica, l’impatto sulle comunità originarie e sull’ecosistema.

Nel caso del treno transistmico siamo di fronte all’adeguamento di una vecchia linea di treni merci di 213 chilometri, praticamente inutilizzata. Questo farebbe pensare a un basso impatto, ma purtroppo questo progetto nasconde la realizzazione di 6 parchi industriali e agro-industriali (secondo alcune stime sarebbero in preventivo 10 zone logistiche), l’adeguamento dell’attuale tratto ferroviario, la costruzione in parallelo di un corridoio autostradale, l’allargamento dei porti di Salina Cruz, Oaxaca e Coatzacoalcos, Veracruz e il collegamento degli stessi alla linea ferroviaria. Successivamente, dall’estensione del progetto nasceranno un gasdotto e l’allargamento della raffineria di Dos Bocas, Tabasco.

Tutto questo interesserà circa 80 municipi e, solo nella parte oaxaqueña, parliamo di 13 differenti etnie che hanno visto violato il decreto 169 dell’ILO che tutela le comunità originarie al fine di garantire un consenso libero e informato, in questo caso le tempistiche e le modalità non sono state rispettate per le esigenze del governo di iniziare al più presto l’opera.

“Occorre precisare come siamo in una zona ad alta biodiversità. Nella sola area che affaccia sul Pacifico nei 600 ettari chiamati La Chimalapas si trova il 40 per cento della biodiversità del paese” si legge nel documento redatto dall’Asamblea de Pueblos Indígenas del Istmo de Tehuantepec en Defensa de la Tierra y el Territorio (APIITDTT), che in questi mesi sta provando a lanciare una campagna globale per fermare questo megaprogetto.

Una devastazione così grande in soli 300 chilometri circa acquisisce oggi un valore iconico, perché ci aiuta a capire che tipo d’investimenti ci aspettano in questa ennesima fase dell’estrattivismo globale: pochi spazi di determinazione per le comunità territoriali, aree d’interesse legate alla logistica adeguatamente detassate e pericolosi connubi fra interessi legali e non che garantiscono il conflitto e la paura in modo da scoraggiare le resistenze territoriali.

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