Nel comunicare agli investitori la nuova strategia di decarbonizzazione, il gruppo Enel ha non solo confermato l’uscita dal carbone entro il 2027, ma anche quella dal gas al 2040, liberandosi così dai combustibili fossili con dieci anni di anticipo rispetto all’impegno preso nel 2015.
L’ad Francesco Starace ha anche reso chiaro che Enel non userà compensazioni delle emissioni con progetti forestali o di cattura e stoccaggio della CO2, dando così una stoccata a Eni, che ne abusa nella sua roadmap per essere neutrale carbonicamente al 2050.
È impressionante anche la mole di investimenti di Enel previsti sulle rinnovabili – e finalmente anche negli impianti di accumulo – sebbene gran parte degli investimenti saranno fuori dall’Italia. Tutto bene allora, e si può dire che Enel finalmente diventerà sostenibile? Come sempre il diavolo è nei dettagli. L’Enel vuole costruire ben sei nuove centrali a gas, di cui quattro dove chiuderà i suoi impianti a carbone, e aspetta i sussidi pubblici del capacity payment per farlo.
A bilancio per i prossimi tre anni ci sono ancora investimenti nel fossile per il 5% del totale. Se bisogna uscire anche dal gas, perché non mollare questi nuovi progetti per dare un vero primo segnale al mercato? E poi nelle 138 slides presentate agli investitori non c’è alcun dettaglio su come avverrà questa uscita entro il 2040, ossia mancano le date di chiusura di ciascun singolo impianto, col rischio che gran parte delle centrali rimarrà attiva fino a pochi anni prima di questa scadenza. Come nel caso del carbone, sarà una battaglia strappare a Enel queste date, senza trucchi né ritardi.
Per concludere, se proprio Enel voleva fare la prima della classe, avrebbe dovuto adottare il 2035 per l’uscita dai combustibili fossili, quanto meno in Italia e Spagna, come richiedono i nuovi scenari climatici dell’Agenzia Internazionale per l’Energia.