Lo sviluppo sostenibile della Banca Mondiale

CO2
CO2

[di Elena Gerebizza]
Come salvare l’ambiente e promuovere la crescita dell’economia? Ce lo dice la Banca Mondiale, con la sua nuova strategia sull’ambiente dall’accattivante titolo “Verso un mondo verde pulito e capace di rigenerarsi per tutti”.

Da sempre tra le principali promotrici del libero mercato, l’istituzione per lo sviluppo più grande al mondo si conferma strumentale alla proposta di soluzioni che permettano al sistema economico attuale di sopravvivere e riprodursi in barba alla crisi. Non a caso proprio la Banca Mondiale, assieme al governo brasiliano, è tra i principali sostenitori della dichiarazione sul capitale naturale presentata dal settore finanziario, in cui la natura, gli ecosistemi, la biodiversità, le specie animali, ma anche oceani, boschi e foreste vengono ricodificati come beni, ovvero asset, la cui tutela può inquadrarsi solo in un contesto di mercato in cui la ricerca del massimo profitto la fa da padrone.

Si parte da un’ammissione di colpa, perché la Banca riconosce gli scarsi risultati che ha ottenuto nella sostenibilità ambientale, traducibili in significativi danni economici (cita ad esempio che la bonifica dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua costerebbe ad alcuni paesi fino al 4 per cento del PIL all’anno). Poi però la soluzione proposta riporta a una strategia di mercato funzionale a creare le infrastrutture necessarie a estrarre fino all’ultima goccia di ricchezza e profitto non solo dalle risorse naturali come minerali, petrolio o legname pregiato, ma addirittura da beni fino ad oggi non riconosciuti tali, come ad esempio “i servizi” “collegati” agli ecosistemi, la biodiversità e il patrimonio degli Oceani.

Tra gli obiettivi della strategia c’è quello di fornire una metodologia per contabilizzare e valutare i servizi degli ecosistemi, punto base per creare dei mercati e permettere al settore finanziario di entrarvi per fare profitto. La partnership globale “Waves” (Wealth Accounting and Evaluation of Ecosystems) serve a “sostenere i governi nella valutazione degli asset che costituiscono il proprio capitale naturale come le foreste, le barriere coralline, le zone umide, e a incorporarli nel proprio sistema di contabilità nazionale. Così l’espansione dei mercati di crediti di carbonio è vista come uno strumento per “incoraggiare la protezione di habitat naturali in pericolo”, garantendo anche lo stoccaggio della CO2.

“Premi per la conservazione delle specie protette” e altri beni che possano contribuire all’espansione dei mercati di carbonio sono così incentivati, in una visione che evita di guardare all’incapacità dimostrata dai mercati di carbonio esistenti di ridurre le emissioni in atmosfera, come anche di canalizzare risorse verso tecnologie rinnovabili. La Banca propone e finanzia nuove “distrazioni” da soluzioni reali, che permettono alle grandi aziende di continuare a inquinare nei luoghi dove operano, allontanando i capitali da investimenti che permettano una reale transizione verso un modello economico più sostenibile e non dipendente dai combustibili fossili. Allo stesso tempo la Banca svolge un pericoloso ruolo di apripista per la creazione di nuovi mercati che potrebbero causare la devastazione finale del Pianeta da parte delle locuste della finanza. Il tutto con il marchio dell’economia verde.

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