Licenza Opl245, l’anticorruzione nigeriana: «arrestare Casula e Dan Etete»

foto Luca Mascaro, 2010, flickr, licenza CC BY-SA 2.0

[di Antonio Tricarico] pubblicato su Valori.it

Mentre al tribunale di Milano continua la passerella dei consulenti tecnici al processo per la maxi tangente nigeriana che vede alla sbarra Eni, Shell, diversi manager di alto rango delle due società ed ex politici nigeriani, la breaking news arriva proprio dallo Stato africano: l’EFCC, la polizia anticorruzione della Nigeria ha ricevuto dall’Alta Corte di Abuja l’ordine di arrestare Roberto Casula, già n.1 di Eni nel Paese, poi capo del settore Operazioni. Uno dei top manager del Cane a sei zampe sotto processo per la presunta tangente per l’acquisizione nel 2012 della concessione petrolifera Opl245 insieme all’a.d. Descalzi e all’ex a.d. Scaroni.

I giudici nigeriani hanno emesso mandati di arresto anche per l’ex ministro nigeriano del Petrolio, Dan Etete e per l’ex ministro della Giustizia, Adoke Bello. Un cambio di passo significativo da parte delle autorità nigeriane.

L’analisi dei due consulenti ENI

Bisognerà capire se e come queste decisioni influenzeranno il processo milanese, nel quale, da mercoledì scorso, sono iniziati gli esami dei consulenti di Eni con David Kotler, esperto di valutazioni petrolifere. È seguita ieri l’avvocatessa Felicia Kemi Segun, una delle massime esperte del diritto dell’energia in Nigeria, nota a livello internazionale come sottolineato da lei stessa al tribunale.

Con sguardo e piglio deciso, durante il suo esame guidato dall’avvocato Diodà per Eni ha affermato che l’accordo transattivo che nel 2011 ha risolto varie controversie ed assegnato la licenza Opl245 a Eni e Shell, con un pagamento per il venditore Malabu dell’ex ministro del petrolio Dan Etete tramite un conto aperto per lo scopo a Londra dal governo nigeriano, era del tutto legale.

Un provvedimento in linea con le norme del settore petrolifero in Nigeria, dove, secondo l’esperta, il governo dispone sempre di larga discrezione nell’attuare i dettami di legge.

L’anomalia della licenza a Eni e Shell

Poco conta se Eni e Shell sono state le uniche società internazionali a beneficiare nel 2011 di una licenza di esplorazione in acque profonde con un contratto sole risk, contrariamente a quanto avvenuto dalla metà degli anni Novanta, con il coinvolgimento per almeno la metà delle quote di società controllate in gran parte da nigeriani.

Il PM Fabio De Pasquale ha risposto all’Eni con un sapiente e ben architettato contro-esame di due ore della consulente tecnica nigeriana che alla fine del match è di sicuro apparsa meno sicura di quanto fosse a inizio giornata.

La Segun ha dovuto ammettere che ci sono state questioni di conflitto di interessi quando Etete si auto-intestò di fatto la licenza con l’assegnazione diretta alla società Malabu, creata all’uopo nel 1998.

Una chiara violazione del codice di condotta dei pubblici ufficiali della legge nigeriana, anche se il tribunale dei ministri preposto non aveva ricevuto nessun esposto – ma ai tempi in Nigeria comandava il dittatore Sani Abacha…

La consulente ENI smentita dal Pm De Pasquale

La consulente di Eni si è inalberata sul fatto che il vincolo di avere il coinvolgimento di società nigeriane – secondo la policy di indigenizzazione del governo in vigore dalla fine degli anni ‘90 – riguardava le società di servizio, ma non in maniera assolutamente vincolante quelle dell’upstream.

Ma il testo di legge, declamato in aula dal PM, ha smentito palesemente l’esperta. Ancora più contraddittoria la posizione sulla legalità dell’utilizzo di un conto fiduciario da parte del governo nigeriano per ricevere il pagamento da Eni nel 2011. Per la Segun si trattava di soldi che non finivano nel bilancio dello Stato, quindi contrariamente al dettato costituzionale potevano transitare in un conto creato ad hoc fuori dal Paese.

Allo stesso tempo, la Segun ha dovuto però ammettere che la legge nigeriana con l’iniziativa NEITI richiede più trasparenza proprio sui pagamenti delle società petrolifere. E sappiamo dalla precedente ricostruzione in aula della Procura che i soldi hanno poi girato per Svizzera e Libano, per poi finire in Nigeria alla Malabu. Il tutto in totale segretezza.

Licenza OPL245, l’unica a finire in mani straniere

Ma la Procura ha affondato il colpo quando ha chiesto un commento una per una a tutte le licenze concesse con contratto sole risk in acque profonde, per verificare cosa l’esperta sapeva delle società nigeriane beneficiarie. Molte le conferme e diversi i non so prontamente corretti da De Pasquale, cosicché alla fine della lista l’Opl245 rimaneva l’unica finita stranamente in mani straniere, in contrasto con l’obiettivo di “indigenizzazione” della legge locale.

L’intensa giornata ha avuto un duplice epilogo parimenti interessante: l’esame di Alexander Leslie, responsabile della società privata di business intelligence The Risk Advisory Group che interpellato da Eni nel 2007 e 2010 aveva segnalato chiaramente che tutte le fonti parlavano di Etete come il beneficiario ultimo della Malabu.

L’investigatore privato – audito in teleconferenza con un tribunale di Londra – ha fatto una figura barbina dimostrando di non ricordare e forse di non aver neanche riletto i rapporti da lui firmati.

Nel frattempo in aula è arrivata la notizia dalla Nigeria che la procura anti-corruzione EFCC ha ottenuto dal Tribunale di Abuja un ordine di arresto internazionale per Dan Etete e l’ex ministro della Giustizia Adoke Bello. Inoltre Roberto Casula e Stefano Pujatti di Eni, e Ralph Wetzels di Shell sono stati dichiarati “wanted” dopo che nessuno degli imputati si è presentato in tribunale all’udienza prevista ieri in Nigeria. Un cambio di passo significativo da parte delle autorità nigeriane, che fa il pari con i robusti contro-esami della Procura di Milano. Pausa per il processo del secolo per il lungo ponte pasquale. A Milano si riparte il 6 maggio con altri esperti e forse il potente faccendiere nigeriano Aliyu Abubakar.

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