Lo hanno già ribattezzato il “debito del dittatore”. Ovvero quello contratto dal regime di Osni Mubarak con Regno Unito e Francia e che ora finirà lo stesso per pesare sulle tasche dei cittadini egiziani.
La scorsa settimana varie organizzazioni e realtà della società civile globale hanno inscenato una protesta presso la sede del Club di Parigi (il gruppo degli Stati più ricchi che rinegozia il debito pubblico bilaterale dei Paesi del Sud del mondo e che ha sede proprio nella capitale francese), dove le autorità del Cairo hanno staccato un assegno da 650 milioni di dollari, una parte dei tre miliardi di dollari che dovranno pagare nel corso del 2012.
La richiesta della Jubilee Debt Campaign è invece di una moratoria sul debito egiziano, almeno fino a che non sia condotto un auditing indipendente in merito alla sua effettiva composizione. Per intenderci, lo stesso esecutivo britannico ha dovuto ammettere che i prestiti concessi negli anni Ottanta erano quasi esclusivamente destinati all’acquisto di tecnologia militare e di armi, utili a rafforzare il regime ma non a contribuire alla crescita sociale della popolazione locale.
Secondo gli attivisti, Downing Street si dovrebbe prendere le sue responsabilità e considerare la possibilità di condonare un debito ritenuto illegittimo in relazione alla sua genesi a dir poco controversa. Per il momento le autorità britanniche non si sono espresse al proposito.