Le favole di Snam sulla lotta alla crisi climatica

Costruzione del gasdotto TAP in Grecia, foto Carlo Dojmi di Delupis/Re:Common, 2016.

In occasione dell’assemblea degli azionisti di Snam in programma questa mattina, Re:Common denuncia come la società rappresenti una minaccia per il clima, perché puntando sul gas sta fornendo delle risposte sbagliate a un’emergenza globale ormai sotto gli occhi di tutti.

Snam è una delle principali società di infrastrutture energetiche al mondo, ed è prima in Europa per estensione della rete di trasporto (oltre 41mila chilometri) e capacità di stoccaggio di gas naturale (oltre 20 miliardi di metri cubi).

Proprio il gas è al centro del piano industriale della società, che è anche tra i principali operatori continentali nella rigassificazione, attraverso il terminale di Panigaglia e le quote negli impianti di Livorno (OLT) e Rovigo (Adriatic LNG) in Italia e di Revithoussa (DESFA) in Grecia, per una capacità di rigassificazione complessiva pro quota di circa 8,5 miliardi di metri cubi annui.

Una parte del gas liquido importato dai diversi impianti di Snam viene dal fracking statunitense: secondo quanto dichiarato dall’azienda in risposta alle domande scritte di Re:Common, il 47% del gas importato dal terminale OLT di Livorno ha questa origine. Una società così attenta alla crisi climatica, come Snam afferma di essere, dovrebbe penalizzare queste pratiche, che hanno un forte impatto su ambiente e comunità locali.

Snam è inoltre uno dei principali azionisti di TAP (Trans Adriatic Pipeline), il contestato tratto finale del Corridoio Sud dell’energia. Dopo l’estate è attesa la prima udienza del processo per disastro ambientale che vede coinvolta la società Trans Adriatic Pipeline AG Italia e diversi manager delle società contrattate per l’esecuzione dei lavori, incluso un manager di Snam, Gabriele Lanza. Snam non è tra gli imputati al processo.

“Quella del gas pulito è una sporca bugia, per cui dipingerlo come la soluzione alla crisi climatica è a dir poco fuorviante” ha affermato Elena Gerebizza di Re:Common. “Il gas è una fonte fossile e come tale inquinante, mentre le altre ricette di Snam, l’idrogeno e il sistema di stoccaggio della CO2, il Carbon Capture and Storage (CCS), sollevano altrettanti dubbi, dal momento che sono tecnologie ancora in sperimentazione, dai costi molto alti, e il cui effetto positivo di lungo termine sull’ambiente e sul clima è tutto da provare”, ha aggiunto la Gerebizza.

L’idrogeno oggi rappresenta quello che il gas naturale rappresentava ieri, l’ennesima falsa soluzione che promette di impattare meno senza dover cambiare il modello di sviluppo delle nostre società. L’instabilità di questo gas coincide con la sua pericolosità, la produzione di idrogeno pone altrettanti problemi di coerenza con l’uscita dalle fossili o con il modello di sviluppo di rinnovabili che vorremmo. Non ci sono ancora studi che dicano chiaramente che il gioco vale la candela. L’idrogeno rischia di essere una pericolosa distrazione dal cambio di modello necessario nell’immediato, unica strada per affrontare la crisi climatica.

“Non abbiamo bisogno di ricette obsolete incentrate sul gas e sulle grandi infrastrutture, ma di decentrare il più possibile sui territori la produzione energetica, puntando su fonti pulite, di piccole dimensioni e che puntino sul coinvolgimento attivo e consapevole delle comunità interessate”, ha dichiarato Filippo Taglieri di Re:Common. Snam è molto impegnata nell’attività di lobbying per promuovere lo sviluppo del gas. Dal 2015 al 2019, ha tenuto 26 incontri con alti funzionari della Commissione UE, riguardanti soprattutto TAP e Southern Gas Corridor. L’amministratore delegato della società, Marco Alverà, è dal 2017 presidente di Gas Naturally, potente associazione che riunisce 400 aziende del settore, ed è riuscito a far entrare Snam nell’Hydrogen Council, che riunisce gli ad di 60 aziende mondiale attive nell’idrogeno.

Guarda il video dei Gastivists

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