Vuoi annientare un pezzo di foresta pluviale nel Sud del Madagascar per far spazio a una fruttuosa miniera d’ilmenite? Puoi farlo, basta ricreare, ma a volte è sufficiente preservare, un habitat naturale in un altro punto del Paese o del Pianeta che abbia le stesse caratteristiche di quello distrutto.
Vuoi estrarre rame e oro dal deserto del Gobi sventrando chilometri di territorio mongolo? Puoi, basta che metti i collari alle gazzelle dalla coda nera e agli asini Khulan che vivono solo in quella località e affermi che come contropartita riduci la caccia illegale e monitori le specie a rischio estinzione.
Si chiama “compensazione della biodiversità” e da alcuni anni molte imprese, istituzioni finanziarie internazionali come la Banca mondiale, alcune grandi organizzazioni per la protezione della natura e un numero crescente di governi hanno cominciato a utilizzarla in maniera sempre più frequente. Sembra un processo virtuoso, in realtà è una “truffa”.