La strategia sul clima di Eni non rispetta gli obiettivi dell’accordo di Parigi

Report di Reclaim Finance, Greenpeace Italia e ReCommon

ROMA – Il rapporto di Reclaim Finance, a cui hanno contribuito anche Greenpeace Italia e ReCommon, svela come ENI, la più importante multinazionale estrattiva italiana, sia ben lontana dal raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati al 2050.

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Is ENI on track for 1.5°c?
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Il Cane a sei zampe ha annunciato a più riprese in pompa magna la volontà di diventare “una compagnia energetica a emissioni nette zero” entro il 2050, puntando allo zero netto a livello mondiale su tutte le attività del gruppo (scope 1 e 2) entro il 2040 e sulle emissioni indirette (scope 3) entro il 2050. Tuttavia, impegnarsi in obiettivi lontani di neutralità del carbonio non è sufficiente per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C, come prescritto dalla comunità scientifica internazionale e dalle Nazioni Unite. L’analisi delle ONG mostra che gli orientamenti strategici e operativi a breve-medio termine di ENI (emissioni assolute di gas serra, allocazione del capitale per nuovi investimenti – CAPEX) non sono coerenti con il raggiungimento della neutralità del carbonio entro il 2050 e quindi mettono a rischio il clima.

Sebbene ENI si sia impegnata a ridurre le sue emissioni scope 1 e 2 del settore esplorazione e produzione del 50% entro il 2024 e la sua intensità media di carbonio dei prodotti energetici venduti del 15% entro il 2030, questi obiettivi non impediranno alle emissioni assolute dell’azienda di aumentare rapidamente nel breve termine. Peraltro, la strategia di riduzione delle emissioni di ENI si basa su una tecnologia costosa e che finora ha registrato clamorosi fallimenti, come la cattura e lo stoccaggio della CO2 e su offset forestali, misura assai discutibile e rischiosa, data la tendenza della crisi climatica ad aumentare la gravità degli incendi forestali in molte aree del pianeta.

Secondo le proiezioni e i calcoli di Reclaim Finance, Greenpeace Italia e ReCommon sulla base dei dati forniti dalla stessa società, al 2050 ENI avrà emesso almeno il 13,6% in più del budget assoluto di emissioni climalteranti che le è consentito secondo lo scenario di riferimento per l’aumento massimo di 1,5 gradi Celsius, fissato dall’Accordo di Parigi. Di fatto ENI esaurirà la sua quota di carbonio già al 2038, e fino a questa data l’intensità di carbonio del Cane a sei zampe sarà in media del 21,9% superiore ai livelli massimi di intensità di carbonio consentiti.

“È palese”, ha dichiarato Antonio Tricarico di ReCommon, “che fintantoché ENI vuole aumentare la sua produzione di petrolio e gas in questa decade è impossibile che l’azienda rispetti gli impegni sul clima; ogni proclama di raggiungere il net-zero al 2050 è solo fumo negli occhi e greenwashing”.

La riduzione della produzione di petrolio e di gas fossile è una parte cruciale di qualsiasi percorso di decarbonizzazione credibile ed è necessaria per raggiungere tagli profondi delle emissioni. Sia il rapporto Production gap delle Nazioni Unite che lo scenario Net Zero del 2021 World Energy Outlook auspicano un declino della produzione di combustibili fossili durante l’attuale decennio. Secondo i modelli di Carbon Tracker, per allinearsi con lo scenario Net Zero dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, la maggior parte delle compagnie petrolifere e del gas fossile dovranno ridurre drasticamente la produzione di idrocarburi: almeno del 51% entro il 2030 nel caso di ENI. Ma al 2030, anche se ENI rispetterà i suoi obiettivi di riduzione, l’azienda produrrà ancora combustibili fossili ben 15 volte di più dell’energia da energie rinnovabili.

ENI sta attualmente sviluppando nuovi giacimenti di petrolio e gas fossile che, sulla base dei dati conservativi di Rystad, porteranno come minimo a un aumento della produzione del 3% da oggi al 2025. Complessivamente, ciò significa che la produzione crescerà del 8% entro il 2025 rispetto ai livelli del 2016.

“ENI continua a investire sul gas e sul petrolio, è il principale emettitore italiano di gas serra e uno dei maggiori inquinatori al mondo in termini di emissioni di gas serra”, dichiara Alessandro Giannì, direttore delle Campagne. “E investe in pubblicità, che condizionano i media, per dipingere di verde il suo pericoloso business: solo l’8 per cento degli annunci di ENI promuove i combustibili fossili, malgrado questi costituiscano circa l’80 per cento% del suo portfolio”

Oltre a ENI, la pubblicazione di Reclaim Finance intitolata “Major Failure” dimostra come anche le altre cinque major europee del petrolio e del gas, TotalEnergies, BP, Shell, Equinor e Repsol siano molto lontane dall’essere nella giusta direzione per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius.

Lo studio è incentrato su un approccio molto conservativo nella valutazione dei dati. Le ONG si sono basate su una valutazione delle informazioni messe a disposizione dalla società e sui dati presenti nei principali data base commerciali in merito alla produzione dei nuovi blocchi petroliferi e di gas, non prendendo in considerazione le emissioni causate dalle raffinerie di ENI.

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