La Ong tedesca Urgewald, insieme a 28 partner internazionali, tra i quali figura anche Re:Common, la scorsa settimana ha pubblicato un nuovo elenco dei 120 maggiori costruttori mondiali di centrali a carbone (www.coalexit.org/database).
Sebbene il 2017 sia stato un anno record per le energie rinnovabili, il carbone è ancora in crescita in molte parti del mondo. Al momento sono ben 1.380 le nuove centrali o unità a carbone previste o in fase di sviluppo in 59 paesi. Se costruiti, questi impianti aggiungerebbero 672.124 megawatt al totale delle centrali a carbone, con un aumento del 33% della produzione di energia elettrica.
“Costruire nuove centrali a carbone è un attacco agli obiettivi dell’Accordo di Parigi”, ha detto la direttrice di Urgewald Heffa Schuecking. “La nostra lista riporta i nomi delle principali aziende che gli investitori e le banche devono evitare di finanziare, se davvero intendono impegnarsi a limitare l’aumento della temperatura del nostro pianeta” ha aggiunto la Schuecking.
Il più grande costruttore mondiale di centrali a carbone è il National Energy Investment Group (NEI) cinese, che mira a costruire 37.837 megawatt di nuove centrali a carbone. Il National Energy Investment Group è stato costituito lo scorso anno, quando il governo cinese ha fuso il gruppo Shenhua Group con la China Guodian Corporation. I numeri 2 e 3 a della lista sono la China Huadian Corporation con 25.097 MW e la National Thermal Power Corporation (NTPC) indiana con 25.056 MW di nuova capacità di carbone in cantiere.
I costruttori di centrali a carbone sono un gruppo eterogeneo e comprendono anche aziende come il Texhong Texhong Textiles Group, che sta progettando una centrale a carbone da 2.100 MW per il suo parco industriale in Vietnam, o la compagnia mineraria canadese First Quantum Minerals, che sta costruendo centrali a carbone a Panama e in Botswana.
Dei 59 paesi in cui sono previste nuove centrali a carbone, 11 hanno solo 600 megawatt o meno di capacità installata e 16 non hanno alcuna capacità di produzione di carbone.
“Due anni e mezzo dopo la firma dell’Accordo di Parigi sul clima, è preoccupante che questi progetti stiano vincolando così tanti nuovi paesi alla dipendenza dal carbone per decenni a venire”, ha commentato Lidy Nacpil del Asian Peoples’ Movement on Debt and Development.
I 120 principali costruttori mondiali di centrali a carbone hanno sede in 42 paesi, ma quasi un quinto delle aziende presenti nella lista ha il suo quartier generale in Cina. Nonostante il Regno di Mezzo sia il più grande produttore di energia fotovoltaica e leader mondiale nella produzione di energia eolica, le sue previste aggiunte di capacità di carbone ammontano a 259.624 megawatt, un terzo dell’aumento globale.
Nel rapporto, come visto, si sottolinea il ruolo chiave dei finanziatori. Sebbene abbia compiuto dei passi in avanti, tra i sostenitori al carbone, in particolare in Est Europa, c’è anche Generali. Proprio per ricordare al gruppo assicurativo le sue responsabilità sul clima, giovedì 4 ottobre Greenpeace ha tenuto un’azione in 15 città italiane.