Insieme a Greenpeace Italia e a un gruppo di cittadini e cittadine abbiamo deciso di ricorrere alle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione nell’ambito de “La Giusta Causa”, la causa climatica che abbiamo avviato contro ENI, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) per ottenere giustizia climatica e spingere ENI a rispettare l’Accordo di Parigi.
Questa decisione nasce dalla necessità di confermare che nella Giusta causa, a differenza di quanto sostenuto da ENI, la competenza decisionale su casi come il nostro spetta al giudice ordinario italiano.
La questione della giurisdizione
Il giudice designato del Tribunale di Roma, dopo la prima udienza di febbraio, ha fissato una nuova udienza per il 13 settembre per esaminare le eccezioni preliminari sollevate da ENI, MEF e CDP. Questi ultimi sostengono che né giudice ordinario, né alcun altro giudice italiano abbiano la giurisdizione per decidere su questa causa, rischiando così di rendere inammissibile l’intero procedimento. Un esito del genere potrebbe impedire future cause climatiche in Italia contro lo Stato o imprese private.
C’è però un precedente europeo importante
Stabilire che un giudice non possa decidere in virtù di “difetto assoluto di giurisdizione” si pone in netto contrasto con una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU). Il 9 aprile, la Grande Camera della CEDU ha emesso una sentenza a favore delle “Anziane svizzere per il clima”, che avevano citato lo Stato svizzero per la sua inadempienza nella lotta ai cambiamenti climatici. Questa sentenza ha stabilito un importante precedente per il riconoscimento del diritto alla giustizia in casi di lesione dei diritti umani fondamentali legati all’emergenza climatica.
Perché il ricorso in Cassazione
Il ricorso in Corte di Cassazione nasce dall’esigenza di definire al più alto livello giudiziario e in tempi brevi se nel nostro Paese sia possibile procedere legalmente per tutelare i diritti umani minacciati dall’emergenza climatica. Non possiamo più temporeggiare, serve agire subito. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci alle Sezioni Unite Civili della Cassazione per avanzare con più forza la nostra richiesta di ottenere giustizia climatica.
Serve al più presto un cambio di rotta per il clima!
L’emergenza climatica è sempre più grave. Siamo determinati a usare ogni strumento legale disponibile per impedire a ENI di continuare a investire nell’espansione del petrolio e del gas, ignorando ogni impegno sul clima.
Insieme a ReCommon e ai dodici cittadini e cittadine con cui abbiamo avviato la causa chiediamo a gran voce che ENI e i suoi azionisti cambino profondamente l’attuale piano industriale, prima che sia troppo tardi.