Italia-Russia, gli interessi economici prima di tutto

Mentre la NATO e la Federazione Russa giocano nuovamente alla guerra sulla pelle della popolazione ucraina per guadagnare maggiore potere contrattuale sulle questioni militare ed energetica, il Sistema-Italia ha deciso di muoversi come ha sempre fatto: orientato al profitto di pochi, incurante del contesto e delle parti coinvolte.

Mercoledì 26 gennaio, si è tenuto infatti l’incontro online tra il Presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, e la delegazione imprenditoriale della Camera di Commercio Italo-Russa (CCIR).

Come riportato anche in una nota del Cremlino, l’incontro aveva l’obiettivo di fare il punto della situazione sulle relazioni commerciali italo-russe e le prospettive future.
Il piatto forte riguardava il tema dell’energia e dei combustibili fossili:

«In particolare, siamo soddisfatti del positivo sviluppo della cooperazione con leaziende e banche italiane nei progetti energetici su larga scala, come Yamal LNG e Arctic LNG-2, in cui sono coinvolte oltre 60 aziende italiane. I produttori italiani di attrezzature ad alta tecnologia stanno anche contribuendo attivamente al progetto Vostok Oil, che Rosneft sta realizzando nel Territorio di Krasnoyarsk, nel nord della Russia», ha affermato Putin. È in questa cornice che si comprende meglio la partecipazione di alcuni soggetti che abbiamo imparato a conoscere bene negli anni.

C’era Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, “l’italiano più potente di Mosca”, che ha permesso a Intesa Sanpaolo di consolidarsi come la banca europea degli interessi russi, prima favorendo la privatizzazione di Rosneft e poi mettendo a punto i finanziamenti per i mega-progetti di gas fossile Yamal LNG e Arctic LNG-2, supportati proprio dal colosso torinese e da SACE, l’agenzia pubblica italiana di credito all’esportazione.

Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit, è il vero nome nuovo, dal momento che l’istituto di Piazza Gae Aulenti ha diminuito negli anni la sua esposizione al business russo. Nonostante i suoi ultimi impegni sul clima, la seconda banca italiana ha deciso di chiudere un occhio sui finanziamenti a due società del settore oil&gas la cui produzione di idrocarburi si concentra nella Regione artica. Quasi dimenticavamo, le due società sono russe. Sicuramente una coincidenza.

C’era anche Philippe Donnet, amministratore delegato di Assicurazioni Generali, che sta per mandare in soffitta i contratti assicurativi e gli investimenti nel carbone, ma strizza l’occhio alla finta transizione ecologica da carbone a gas in Europa orientale.
In ultimo spiccava Maire Tecnimont, che si è aggiudicata pochi giorni fa una commessa di 1,1 miliardi di euro per conto di Rosneft, per la costruzione di una nuova raffineria del colosso russo: Vostok Oil, appunto.

Fatta eccezione di Enel, gli altri campioni fossili nazionali a partecipazione statale (Eni, Snam e Saipem) erano tutti assenti. Pare abbiano deciso all’ultimo di non partecipare dietro la pressione diretta di Mario Draghi. Poco male, la loro agenda fossile in Russia non ne risentirà, grazie ai progetti estrattivi del cane a sei zampe con Rosneft – tra cui anche il giacimento di Zohr al largo dell’Egitto – e quelli midstream di Saipem, tra cui Arctic LNG-2.

Non è tanto la concomitanza dell’incontro con l’escalation mediatica della crisi ucraina a dover stupire, d’altronde il meeting era stato richiesto mesi fa. Non bisogna neanche lasciarsi accecare dal fumo degli occhi di una presunta “deriva filo-russa” delle società italiane: sono legate a doppio giro anche al capitalismo estrattivista statunitense, Intesa Sanpaolo in primis, e non fanno altro che orientare, seguire e rafforzare i trend di mercato.

Oggi, considerato anche il teatrino imbarazzante in sede UE con la tassonomia, il trend di mercato ha un nome chiaro: gas. È questo che dovrebbe stupire e innescare un moto di riprovazione: tutti questi gruppi finanziari e industriali parlano di sostenibilità e obiettivi di decarbonizzazione al 2050 o prima, quando nella realtà non fanno altro che rafforzare l’agenda fossile. Ecco ancora una volta il vero senso di “net” in ogni affermazione riguardante piani di decarbonizzazione “net-zero”.

Sostenere il gas in ogni sede e in ogni maniera è nel DNA del Sistema-Italia a trazione fossile, composto da finanza privata, industria fossile e finanza pubblica. Sta a noi inchiodarlo dinanzi alle proprie responsabilità e ostacolarlo.

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