Intesa Sanpaolo dà una risposta incompleta alle richieste degli investitori di cambiare la sua politica sul carbone 

Roma, 26 aprile 2023 – Un gruppo di 9 investitori di Intesa Sanpaolo – Actiam, Candriam, Ecofi, La Financière de l’Echiquier, La Française Asset Management, Legal & General Investment Management, Mirova, Ofi Invest Asset Management, Storebrand Asset Management – per un totale di circa 2000 miliardi di Euro[1] di attivi in gestione, ha scritto una lettera aperta al più grande gruppo bancario italiano, chiedendo di ridurre la propria esposizione al settore dei combustibili fossili, soprattutto per quanto riguarda il sostegno al carbone. Quest’ultimo, com’è ormai universalmente risaputo, è il più inquinante tra i combustibili fossili e in vari paesi, compresa l’Italia, si sta procedendo alla dismissione delle centrali termoelettriche che bruciano proprio il carbone.

Nei giorni che precedono l’Assemblea degli azionisti del prossimo 28 aprile, per la quarta volta a porte chiuse grazie alla reiterazione delle norme anti-Covid contenute nel decreto “Milleproroghe”, Intesa Sanpaolo ha di fatto rispedito al mittente le numerose osservazioni segnalate dagli investitori in merito al suo coinvolgimento nel business del carbone. Infatti, la banca di Corso Inghilterra ha fornito un chiarimento completo agli investitori solo in merito all’esclusione dei soggetti che sviluppano nuove miniere di carbone e non ha risposto ad altre richieste fondamentali, ovvero il phase-out totale dal settore del carbone – come richiesto con urgenza dalla comunità scientifica internazionale – e l’estensione della policy a tutti i servizi finanziari, compresi gli investimenti.

Inoltre, Intesa Sanpaolo esprime la volontà di continuare ad aggiornare i propri impegni ma di fatto non vi è stato alcun miglioramento significativo dall’ultimo aggiornamento della policy nel luglio 2021.

Nonostante gli impegni presi nel lontano 2021, l’esposizione finanziaria della banca di Corso Inghilterra rispetto al comparto dei combustibili fossili, in particolare rispetto al settore del carbone, continua a essere significativa e, nel complesso, non allineata all’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi.  Dai dati in nostro possesso, i finanziamenti di Intesa Sanpaolo al settore del carbone dal 2016 al 2022 ammontano a 13,7 miliardi di dollari mentre gli investimenti al 1° gennaio 2023 ammontano a 1,8 miliardi di dollari[2].

Miniera di carbone di Lützerath, foto ©Cat in a Camera

Proprio per questi motivi, gli investitori hanno chiesto all’istituto di credito torinese di “migliorare la propria policy sul carbone e a condividerla pubblicamente nella sua interezza, al fine di: escludere i finanziamenti generici alle società che intendono sviluppare nuove miniere di carbone; adottare una definizione di soglia immediata e più stringente per l’esclusione delle società di produzione di energia elettrica da carbone; definire una strategia globale per uscire completamente dal carbone al più tardi entro il 2030 nei Paesi europei/OCSE e nel 2040 a livello mondiale; applicare questa policy a tutti i servizi finanziari, compresi gli investimenti e la sottoscrizione di titoli”.

“Se intende svolgere il ruolo di banca dei territori e della sostenibilità, Intesa Sanpaolo dovrebbe prestare maggiore attenzione alle richieste dei propri azionisti e rafforzare la propria policy sul carbone. Gli investitori, aperti a un dialogo costruttivo con Intesa Sanpaolo, sono in attesa di sapere se le raccomandazioni formulate nella lettera da loro inviata saranno integrate nelle revisioni successive della policy del gruppo bancario italiano. La graduale uscita dall’intero settore del carbone al più tardi entro il 2030 nei Paesi europei e OCSE e nel 2040 a livello mondiale, come richiesto urgentemente anche dalla comunità scientifica internazionale, è un’azione necessaria nel percorso verso una transizione giusta” ha affermato Benedetta Carratelli, Investor Engagement Officer di ReCommon.

Apprezziamo il fatto che la banca abbia risposto alla lettera e si sia presa il tempo di rispondere. Pur sostenendo l’attuale strategia/politica della banca in materia di cambiamenti climatici, siamo rimasti delusi dal fatto che la risposta di Intesa Sanpaolo non offra alcuna indicazione di un cambiamento immediato della sua politica sul carbone. In particolare, non è stato suggerito che Intesa Sanpaolo estenderà la sua politica a tutti i servizi finanziari, compresi gli investimenti, né che si impegnerà a eliminare completamente il carbone”, il commento de La Française Asset Management.

Mirova ritiene che il settore bancario abbia la chiave per sostenere un’azione coraggiosa per il clima utilizzando la propria influenza sulle società che finanzia o in cui investe. Intesa potrebbe essere sulla giusta traiettoria climatica e ha l’opportunità di sviluppare una strategia di decarbonizzazione pienamente credibile, che oggi richiede un percorso concreto per l’eliminazione completa del carbone e l’interruzione del finanziamento di nuovi asset a combustibili fossili, nonché obiettivi concreti per fornire finanziamenti e consulenza alle aziende che intendono rispettare la propria strategia di decarbonizzazione” ha affermato Louise Schreiber, responsabile della ricerca ESG di Mirova. “In passato Intesa ha dimostrato di voler rispondere alle preoccupazioni degli investitori. Tra queste, l’aggiornamento della sua politica climatica per ridurre i prestiti alle imprese del carbone e l’introduzione dei primi criteri di esclusione per il finanziamento di progetti di petrolio e gas non convenzionali. La banca ha anche fornito una risposta chiara in merito alla sua posizione sull’esclusione dei soggetti che sviluppano nuove miniere di carbone. Ci appelliamo ancora una volta alla capacità di Intesa di soddisfare le aspettative degli investitori, con l’obiettivo di allinearsi all’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. In qualità di principale banca italiana, chiediamo ad Intesa di fornire ulteriori chiarimenti sulla sua strategia di eliminazione graduale del carbone ed estendere questa politica a tutti i servizi finanziari della banca” ha dichiarato Luc Riols, analista ESG, specialista sugli impegni per il clima di Candriam.


[1]  Il dato si riferisce alla somma degli attivi in gestione dei singoli investitori così come riportata sui siti istituzionali degli stessi e su documenti disponibili in rete.

[2]  I dati aggiornati al 01.01.2023 sono stati elaborati da ReCommon sulla base della ricerca realizzata dalla società olandese Profundo B.V (www.profundo.nl) attraverso il database Refinitiv (in precedenza noto come Thomson EIKON). Per ‘finanziamenti’ si intendono prestiti e sottoscrizione di azioni e bond.

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