Si chiama “In gas we Trust – Perché la finanza pubblica crede nei rigassificatori” la nuova pubblicazione di Re:Common.
Partendo dal processo di revisione della politica energetica dell’Unione europea si spiega come la Commissione si sia focalizzata unicamente sul “garantire l’ininterrotta disponibilità fisica di energia sul mercato europeo” e sulla creazione di un “mercato europeo per l’energia”, in una logica di profitto privato favorevole all’espansione dei mercati finanziari più che di accesso all’energia ai cittadini del Vecchio Continente.
In tale contesto, la discussione sul mercato del gas, proposto dalla Commissione come post-combustibile fossile centrale alla transizione, e sulle infrastrutture collegate, ha preso piede per poi arrestarsi nel contesto della crisi. Ha poi ritrovato vigore proprio nell’ambito dell’intenso negoziato sui progetti di priorità europea, che potranno beneficiare di finanziamenti e garanzie pubbliche in varia forma. Gas, gas e di nuovo gas. Ma nell’interesse di chi?
La pubblicazione prova a spiegarlo, citando come esempio illuminante quello del nuovo impianto FSRU Toscana: una nave gasiera convertita in rigassificatore che dovrebbe operare a 22 chilometri al largo di Livorno. Un progetto da oltre 800 milioni di euro, esempio di grande opera che mai si sarebbe potuta costruire senza un deciso e sostanzioso sostegno pubblico. Finanziario e politico.