In Australia la corsa al carbone si paga a caro prezzo. Una campana per Intesa Sanpaolo

foto © John Englart – Flickr

[di Simone Ogno]

L’espansione nel settore del carbone si paga a caro prezzo. Negli ultimi giorni ne sono state testimoni, con qualche anno di ritardo, la società indiana Adani e le compagnie assicurative AXA XL, Liberty Mutyal, HDI Global e Aspen Re. Giovedì 11 giugno, uno scoop realizzato da The Sydney Morning Herald e The Age ha reso pubblici i nomi delle società impegnate nell’assicurazione dei rischi legati alla costruzione della miniera di Carmichael, nel Queensland australiano, resa possibile attraverso l’attività di mediazione di Marsch McLennan, tra i più importanti broker assicurativi a livello mondiale.

Il sito di costruzione della miniera di Carmichael si trova nel Galilee Basin, bacino carbonifero ancora non sfruttato tra i più grandi al mondo. Già nel 2013, il report a cura di Greenpeace “Point of No Return” inseriva lo sfruttamento del bacino tra le più pericolose “bombe climatiche” esistenti, cioè quei progetti di espansione nel settore dei combustibili fossili che, se realizzati, renderebbero vani gli sforzi per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima.

La fame fossile di Adani è stata assecondata negli anni dal governo australiano, a partire dai 4,4 miliardi di dollari tra sovvenzioni, agevolazioni fiscali e addirittura esenzione di pagamento delle imposte, senza i quali la costruzione della miniera di Carmichael sarebbe impossibile. Una cifra che peserebbe sulle spalle della popolazione australiana, già fortemente provata e critica rispetto agli “sforzi” governativi sul fronte del cambiamento climatico, a partire dalla devastazione seguita agli incendi che hanno colpito alcune aree del Paese tra giugno 2019 e febbraio 2020, con ecosistemi già fortemente compromessi dal cambiamento climatico.
A ciò si aggiungono le continue violazioni nei confronti delle popolazioni indigene dell’area, che portano la firma di Adani e delle istituzioni locali. Tra le comunità maggiormente colpite c’è il Wangan and Jagalingou Family Council, i cui membri sono impossibilitati ad accedere ad alcune aree dei territori legalmente custoditi e periodicamente vessati attraverso intimidazioni e denunce. La loro unica “colpa” è quella di vivere in prossimità del sito di costruzione della miniera di Carmichael.

Le rivelazioni giornalistiche di qualche giorno fa potrebbero essere un tassello importante nella lotta contro la costruzione della miniera, dal momento che le reazioni delle compagnie assicurative coinvolte non si sono fatte attendere con prese di posizione pubbliche non certo congeniali ad Adani. Nello specifico, AXA XL e HDI Global hanno fatto sapere che le coperture assicurative sono relative solamente alla costruzione del sito e non alla sua operatività; de facto sono concluse ma rimangono in essere alcune clausole relative a possibili situazioni postume legate alla costruzione del sito. Allo scadere anche di queste nei prossimi mesi, nessuna copertura assicurativa sarà rinnovata.

Posizione simile espressa anche da HDI Global, che uscirà definitivamente dal progetto allo scadere dei contratti stipulati con alcuni suoi contractor. All’appello manca ancora Aspen Re, che tuttavia ha fatto sapere di star revisionando le sue linee guida relative alle coperture assicurative ai progetti che contribuiscono al cambiamento climatico; a ciò si aggiunge la situazione finanziaria di Adani, in perdita di circa 794 milioni di dollari. La società indiana si trova così sempre più in un angolo, con problemi finanziari da un lato e con la difficoltà ad assicurare la miniera di Carmichael dall’altro, condizioni che possono mettere la parola fine al progetto. Un’altalena di eventi sviluppatasi nell’arco di 72 ore, segno che l’esposizione mediatica ai combustibili fossili non conviene più, con ripercussioni evidenti di immagine ed economiche.

Una campana che dovrebbe suonare anche a Torino, dal momento che Adani ha ricevuto un finanziamento da Intesa Sanpaolo di 77 milioni di euro, segno ulteriore che la principale banca italiana deve fare ben altro che sventolare come un successo la debole policy relativa ai finanziamenti al settore del carbone o i famigerati 50 miliardi di euro per supportare il Green New Deal europeo.

Resta aggiornato, iscriviti alla newsletter

Iscrivendoti alla newsletter riceverai aggiornamenti mensili sulle notizie, le attività e gli eventi dell’organizzazione.


    Vai alla pagina sulla privacy

    Sostieni le attività di ReCommon

    Aiutaci a dare voce alle nostre campagne di denuncia

    Sostienici