Quale sarà il futuro della nave Golar Tundra di Snam, che fino al 2025 sarà attraccata al porto di Piombino per svolgere la sua funzione di rigassificatore? Sarà “spostata” a Vado Ligure, vicino Savona, come hanno riportato vari quotidiani locali e il Sole 24 Ore? In teoria Snam avrebbe dovuto dare una risposta a questo interrogativo entro il 26 giugno scorso, ma non si è ancora espressa. L’opzione alternativa è Genova. Rimanendo in Liguria, proprio il governatore della regione, Giovanni Toti, è stato nominato Commissario straordinario del governo per la realizzazione e la gestione dei rigassificatori. L’11 luglio lo stesso Toti ha ammesso che “servono approfondimenti sulle condutture e occorre aprire un tavolo di trattativa con sindaci, regione e governo per i ritorni che riteniamo debbano essere importanti per la cittadinanza in termini di convenienza nell’utilizzo del prodotto e per le imprese che devono essere sicure di avere una fonte energetica privilegiata”.
Al momento gli enti locali sostengono di non essere stati interpellati dal governatore, che sta inoltre pensando di collocare a Vado Ligure anche i cassoni necessari per la costruzione della nuova (e controversa) diga foranea di Genova.
Il neo-commissario ha provato a rassicurare tutti con il suo intervento dell’11 luglio scorso in Consiglio regionale. “Le ipotesi al vaglio sono diverse e la soluzione più opportuna sarà presa dopo un’attenta analisi, aprendo certamente un tavolo di confronto tra governo, Regione e amministrazioni locali per individuare i benefici, anche in termini di accesso all’energia, che spetteranno ai cittadini”, ha dichiarato Toti.
A onor del vero qualche osservatore ha già fatto notare che la Liguria occidentale non è il luogo più adatto a ospitare il rigassificatore attualmente a Piombino, dato che la regione è collegata alla dorsale del gas italiana a Panigaglia, vicino La Spezia, a oltre 100 chilometri di distanza. Quindi, per immettere nella rete di trasporto del gas quello che dovrebbe essere rigassificato a Vado Ligure, in futuro ci si dovrà inventare una soluzione. Ovvero un nuovo gasdotto che sfregerà un’altra porzione di territorio.
Attualmente a Vado le associazioni locali sono sul piede di guerra. “A Vado abbiamo un’eccessiva incidenza di inquinanti pregressi e attuali. Vorremmo dati attualizzati, abbiamo un alto numero di aziende a rischio d’incidente rilevante, ogni amministratore non può non sapere quale sia la situazione” il grido di allarme di Stefano Milano, esponente della Rete “Fermiamo le Fonti Fossili”. “Per non parlare delle emissioni fuggitive di metano. Vado e Savona non posso essere ulteriormente usate come luoghi di sacrificio, questa volta con il gas liquido”.
Milano fa riferimento alla centrale di Tirreno Power, poi diventata anche a gas, ma che per anni ha bruciato carbone, con presunti gravissimi impatti sulla salute della cittadinanza. Nel 2010, grazie a un esposto del comitato locale Uniti per la salute iniziarono le indagini sul caso di disastro ambientale che hanno portato alla chiusura della centrale per un lungo periodo di tempo, alla chiusura nel 2016 delle due unità a carbone e nel 2019 all’inizio del processo nei confronti di numerosi manager della società, per il quale è attesa in autunno la sentenza di primo grado.
Anche sull’iter parlamentare del trasloco del rigassificatore di Piombino ci sarebbe da ridire. In un primo momento era stato “infilato” nel cosiddetto Decreto Alluvione, predisposto dopo il disastro in Emilia Romagna. Poi è spuntato il disegno di legge “Rigassificatori”, confluito nel decreto Omnibus. Le commissioni permanenti Affari costituzionali e quella Bilancio, tesoro e programmazione sembra stiano dando luce verde, prorogando il regime di semplificazioni e i pieni poteri ai commissari anche in caso di spostamento dei rigassificatori in altra sede. Le commissioni non sono entrate nel merito anche perché un disegno di legge del genere sarebbe da analizzare e licenziare in altre commissioni molto più attinenti, per temi, alla materia energetica, ma, come già avvenuto per il dl alluvione, il disegno è partito nelle commissioni sbagliate, garantendo un dibattito preliminare monco.
Intanto proprio quando il primo carico di 90 milioni di metri cubi di gas targati ENI è arrivato a Piombino, il governatore della Toscana Eugenio Giani si è detto soddisfatto di aver ottenuto una promessa di spostamento del rigassificatore entro tre anni.
Insomma, come spesso avviene quando si parla di energia e sicurezza energetica in Italia non ci sono voci istituzionali che mettano in discussione i nuovi rigassificatori. Eppure, dopo un anno dalla crisi del gas, sarebbe stato molto utile fare un bilancio rispetto a questa spinta verso l’acquisto di gas liquido, fortemente sostenuta da Snam e Eni, in particolare sul costo reale di questa manovra per i cittadini e per le casse pubbliche, che la stanno fortemente sovvenzionando. Altro capitolo è quello dei costi ambientali e climatici: il governo Meloni e il sistema economico italiano davvero pensano di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione investendo nel gas liquido?