Il nuovo piano Mattei nasce già vecchio?

Parafrasando il nuovo slogan pubblicitario del cane a sei zampe, la nuova energia di Eni è l’energia di sempre. Ossia aumentare l’estrazione di petrolio e, soprattutto, di gas fossile, possibilmente con sussidi pubblici dello Stato italiano, per poi venderlo nei paesi di produzione, in Italia, Europa e nel mondo, talvolta insieme anche al gas di altri produttori, per fare così ulteriori profitti con il trading di questo.

Le recenti visite in Algeria e Libia dell’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, accompagnato dalla premier Giorgia Meloni, confermano questa visione strategica, che poco ha a che vedere con gli interessi degli italiani o delle comunità locali nei paesi dove si estraggono il petrolio e il gas.

La premier ha scomodato Enrico Mattei per battezzare come nuovo quello che in realtà è l’approccio strategico perseguito nel tempo da Eni, e ancor più sotto la leadership di Descalzi dal 2014. Più che concedere maggiori royalties, tasse e quote di idrocarburi ai paesi africani – secondo quello che la mitologia dice essere la linea storica del fondatore di Eni, da cui il suo presunto assassinio da parte del cartello delle avare Sette Sorelle anglo-americane – l’Eni è interessata a vendere più gas nei paesi africani in via di industrializzazione, così come in Italia e in Europa, per un motivo molto semplice: si fanno sempre più profitti con un prezzo alto degli idrocarburi, e non c’è strategia di decarbonizzazione che tenga.

L’amministratore delegato di Eni, Descalzi, durante la firma degli accordi con l’Algeria, 23/01/2023. Foto: Presidenza del Consiglio dei Ministri CC BY-NC-SA 3.0 IT

L’ossessione estrattivista di Descalzi, che ha già trovato la conferma per un quarto mandato da parte del governo Meloni – strano che solo per Eni sembri non valere lo spoil system – con l’aiuto mediatico del governo italiano si nasconde bene dietro due nuove narrazioni. Una prima è a uso e consumo dei paesi africani che ospitano l’Eni e le sue trivellazioni, in cui il cane a sei zampe si vanta di essere una “società africana”, che lavora per dare gas e qualche progetto “sostenibile e a basse emissioni” che profuma tanto di greenwashingai governi e alle popolazioni locali per il loro sviluppo. Perché, come successo in Europa, il passaggio dalle fonti fossili a quelle pulite non può avvenire se non in maniera graduale. Di questa prima narrazione, molto agita sui media internazionali e africani, a noi in Italia arriva ben poco. Invece, con la benedizione mediatica di Descalzi da parte della premier Meloni, a noi spetta la seconda narrazione: quella dell’Italia hub del gas nel Mediterraneo, che Eni lavorerà per costruire al fine di aiutare gli italiani e l’economia nostrana in questi mesi di crisi energetica ed economica. La quasi totalità della stampa italiana, sempre più foraggiata dalle pubblicità di Eni, ha rilanciato con entusiasmo questa storyline fiduciosa nelle sorti magnifiche e progressive del Paese.

La triste verità è che in realtà il giogo del gas ci condannerà a ulteriori sciagure.

In primis stiamo sostituendo Putin con nuovi dittatori in Algeria come in Egitto, per non menzionare quelli già santificati in Kazakistan, Azerbaigian, Congo e Angola. L’Algeria è già al 30 per cento delle forniture verso il nostro Paese – la Russia era arrivata a controllarne il 40. È legittimo chiedersi se, a un certo punto, saranno i leader di questi paesi , ubriacati di volontà di potenza e imbottiti di armi, a porre nuove sfide per la sicurezza internazionale proprio sull’uscio di casa nostra.

L’estrattivismo tricolore targato Eni in Africa rischia di causare inoltre nuove tensioni a livello locale e, di conseguenza, nuovi conflitti – si guardi alla guerra nel nord del Mozambico, “benedetto” da pochi anni dalla scoperta di mega giacimenti di gas. Dove andranno i nuovi migranti vittime dell’estrattivismo in Nord Africa, se non in Europa tramite l’Italia?

Diventare poi l’hub del gas nel Mediterraneo – ma quante volte hanno annunciato la stessa ambizione Erdogan per la Turchia e i vari governi greci per il loro Paese succedutisi nell’ultima decade, senza ricordare la Spagna che già si pensa hub del gas? – vorrebbe dire che noi dovremmo attirare sempre più gas, ben di più della domanda che ha raggiunto il suo massimo da anni in Europa, per poter ricaricarci più profitto vendendo l’eccesso a presunti partner europei alla canna del gas russo. Insomma, non abbiamo imparato proprio nulla dalla crisi del mercato del gas europeo iniziata a metà 2021 in uscita dalla pandemia Covid-19. La formazione del prezzo del gas è soggetto a speculazioni finanziarie e materiali senza precedenti, in particolare in Europa a vantaggio solo di pirati finanziari e delle major dell’oil&gas. Gli italiani potrebbero finire con avere prezzi ancora più volatili ed essere costretti a usare più gas a un prezzo sempre alto.

Infine, saranno sempre gli italiani a pagare con i mille sussidi nascosti e i fondi europei – ma non erano per la transizione verde? – le nuove infrastrutture del gas. Di queste il grande regista è senza dubbio Snam, la sorella minore di Eni, che gestisce la rete del gas in Italia e non solo. Almeno quattro nuovi rigassificatori, il raddoppio di due gasdotti e la costruzione di uno nuovo, nonché la metanizzazione della Sardegna. Una gabbia di tubi e terminal per il gas naturale liquefatto a cui si incatena il futuro ambientale ed economico del nostro Paese, tanto in fin dei conti paghiamo noi cittadini, e i profitti vanno agli investitori privati.

Superfluo forse aggiungere che chiamarlo piano per la decarbonizzazione fa scappare un amaro sorriso. Idrogeno, ammoniaca, cattura e stoccaggio del carbonio, progetti di foreste per l’assorbimento di questo, raffinerie e metano (bio, ovviamente) e quant’altro. Ci vuole coraggio a credere che questo sarà il futuro verde e sostenibile, soprattutto se la logica è sempre quella di Eni: si fa se su grande scala, per il grande export e per generare sempre più profitti. E in ogni caso continuando ad estrarre e vendere sempre più gas fossile.

Esiste un altro piano oltre il nuovo piano Mattei, qualcuno chiederà? Ne esistono tanti, che non hanno nulla a che vedere né con il petrolio e il gas né con le grandi soluzioni né con nuove velleità neocoloniali italiote. Bisognerebbe chiederlo agli africani in primis, e quindi in Italia alle comunità che vivono da decenni nelle aree di sacrificio impattate da Eni e dalle altre società fossili nostrane.

Il nuovo piano Mattei del governo Meloni è lo status quo, e Descalzi, già incoronato ”sovrano” dell’hub del gas, salverà solo gli affari di Eni, non gli italiani né le popolazioni africane.

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