Il libro del mese: Quando qui sarà tornato il mare – Storie dal clima che ci attende

«In passato abbiamo avuto un progresso tecnologico formidabile ma non siamo stati in grado di indirizzarlo nel modo giusto […] Eppure vedo una piccola luce farsi avanti. Vedo comunità resistere, lottare, tentare di rialzarsi. Ma è troppo poco, bisogna fare di più, far diventare più robuste queste esperienze».

Le parole di Miriam, giovane protagonista dell’opera, rappresentano una delle chiavi di lettura più ricorrenti di Quando qui sarà tornato il mare. Storie dal clima che ci attende (Alegre, 2020), “romanzo di racconti” a cura del collettivo Moira Dal Sito, composto da venti tra autori e autrici e formatosi in occasione di un laboratorio su scrittura collettiva e cambiamento climatico coordinato da Wu Ming 1 nella biblioteca comunale di Ostellato, nel basso ferrarese.

Miriam non è però l’unica protagonista del romanzo, che, composto da numerosi racconti, narra attraverso una pluralità di voci un determinato territorio in un preciso momento storico: il basso ferrarese – appunto – in bilico tra presente e un un futuro non troppo lontano (2088), quando il mare avrà già sottratto chilometri alla terra ferma, conseguenza estrema dei cambiamenti climatici in corso.

Sei atti per sei racconti diversi, che si sfiorano nelle reciproche menzioni di personaggi e vicende, nonostante mantengano la loro autonomia narrativa. Se volessimo restituire il risultato finale attraverso una metafora cinematografica, potremmo dire di trovarci a cavallo tra i Mad Max di George Miller e La città incantata di Hayao Miyazaki, tra suggestioni distopiche che già avanzano e spiriti guida che ci accompagnano tra quanto resta al riparo dalle acque del Mar Adriatico.

Il basso ferrarese, territorio protagonista, è così affiancato in alcuni momenti da una Gotham-Bologna, da una sprofondata Venezia definitivamente alla sola mercé dei turisti sulle grandi navi, e da alcune valli alpine, divenute rifugio dal mare e dalla zoonosi che avanzano, ma anche sempre più spazzate da fenomeni di downburst, come la Tempesta Vaia dell’ottobre 2018. In questa maniera è possibile percepire una condizione ecologica e sociale definitivamente mutata, un cambiamento avvenuto su scala globale ma che si ripercuote diversamente a seconda del territorio e delle comunità colpite.

E in quello spazio sospeso tra pianura e mare, in cui un tempo spadroneggiava il delta del Po, possiamo trovare i resti delle ulteriori grandi opere dannose, inutili e imposte, presagio dei futuri falliti tentativi di arginare l’avanzare del mare, senza ovviamente mancare di speculazione e militarizzazione del territorio. Un mondo dove possono anche trovare riparo e accoglienza «i reietti e gli Wop, without passport» visti da G.F., altro personaggio del romanzo, mentre sullo sfondo si stagliano smaltimento di rifiuti tossici e industrie fossili.

Protagonisti e personaggi secondari sono tutti, in qualche maniera, persone migranti, con viaggi che possono essere di fuga o di ritorno, terreni o metafisici, a testimonianza del movimento che verrà. Alcuni di loro si riuniscono in gruppi dediti a scorribande e malaffare, altri in comunità resistenti, che si autorganizzano sbagliando e riuscendo, facendo e disfacendo. In questo le parole di Miriam indicano la direzione più auspicabile possibile: non esiste tecnologia che ci salverà se non lo faremo tutti insieme e se non sarà al servizio di chiunque perché gestita da pochi. Dobbiamo di conseguenza trasformare radicalmente il sistema in cui viviamo, a partire da come ci relazionamo tra noi con l’ambiente circostante.

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