Il gas australiano e i soldi di Intesa Sanpaolo

Murujuga, penisola nel nord-ovest dell’Australia Occidentale conosciuta attualmente come la Penisola di Burrup, corrisponderebbe all’immaginario della classica destinazione turistica australiana, con il milione di antiche incisioni rupestri che il territorio ospita. Murujuga, al contrario, è tristemente nota per il massacro della popolazione indigena Yaburara da parte dei coloni e per la presenza massiccia dell’industria dei combustibili fossili che ha pesantemente segnato sia il patrimonio naturale della penisola sia il patrimonio culturale aborigeno.

L’insieme degli impianti dell’industria fossile che dominano la penisola prende il nome di Burrup Hub, termine usato per la prima volta da Woodside, principale compagnia australiana operante nel settore dell’oil&gas. Woodside arriva a Murujuga nel 1978, quando scelse la penisola come sito di lavorazione per il suo North West Shelf Gas Project, progetto costruito senza alcun tipo di consultazione con i custodi tradizionali e con la conseguente distruzione di migliaia di pezzi di arte rupestre. Da allora Woodside ha preso pieno possesso del territorio su cui ha pianificato l’espansione del proprio business fossile. Nel 2007, infatti, il gruppo australiano aveva iniziato la costruzione di un secondo impianto di trattamento del gas, Pluto LNG, per trattare il gas proveniente dall’omonimo giacimento offshore. Il gas viene convogliato attraverso una linea dorsale di 180 chilometri verso un unico treno di trattamento del GNL a terra. Pluto LNG è sostenuto da accordi di vendita a lungo termine con Kansai Electric e Tokyo Gas, che detengono ciascuna una partecipazione del 5% nel progetto. L’opera ha fatto di recente parlare di sé, dal momento che lo scorso maggio presso l’impianto si è registrato un incidente di cui non sono state ancora del tutto accertate le cause.

foto © CCWA

Nel gennaio 2022, Intesa Sanpaolo, che al 2022 ha già finanziato Woodside con 30 milioni di dollari, e altre 18 istituzioni finanziarie private hanno concesso un prestito di 3,48 miliardi di dollari a Global Infrastructure Partners (GIP) per l’acquisto di una quota del 49% nel nuovo progetto Pluto Train 2 LNG train. Il progetto avrebbe una capacità di circa 5 milioni di tonnellate all’anno (Mtpa) e permetterebbe a Woodside di espandere le proprie attività esplorative anche giacimento di gas offshore di Scarborough.

Il progetto di Woodside prevede quindi lo sviluppo di Scarborough, un nuovo grande giacimento di gas a 435 chilometri dalla costa, il convogliamento del gas sulla terraferma per la lavorazione nella penisola di Burrup e il raddoppio delle dimensioni dell’impianto GNL di Pluto per la lavorazione del gas aggiuntivo destinato all’esportazione e indirizzato anche al mercato europeo, come dimostra l’accordo firmato da RWE e Woodside nel 2021 per una fornitura di GNL alla compagnia tedesca per un periodo di sette anni a partire dal 2025.

Secondo alcuni studi, il progetto Scarborough-Pluto produrrebbe 1,6 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 nel corso della sua vita, equivalenti al funzionamento di 15 centrali elettriche a carbone per 30 anni. Il progetto presenta inoltre enormi rischi per la biodiversità marina della penisola e per l’insostituibile arte rupestre aborigena di Murujuga, che è in corso di valutazione per l’inserimento nel Patrimonio mondiale dell’umanità. I custodi tradizionali di Murujuga, riuniti nel gruppo Save our Songlines, stanno opponendo tenace resistenza a questa “carbon bomb” e agli impatti che l’industria di Woodside ha sul patrimonio culturale e naturalistico della penisola.

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