Il Forum Economico Eurasiatico predica bene ma razzola malissimo

Palazzo della Gran Guardia a Verona, location del Forum Economico Eurasiatico. Foto Didier Descouens, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

[di Simone Ogno]

Si presenta in punta di piedi e se ne parla per il motivo sbagliato. Non è l’incipit di una barzelletta ma è la descrizione più calzante del Forum Economico Eurasiatico di Verona.

Giunto alla tredicesima edizione, quest’anno è finito sotto la luce dei riflettori per aver ammiccato ai vaccini russi contro il Covid-19. Nel suo discorso di apertura il padrone di casa Antonio Fallico – nella doppia veste di associazione Conoscere Eurasia, ma soprattutto Presidente di Banca Intesa Russia – è stato infatti vero mattatore: “La pandemia è una delle inevitabili conseguenze dell’antropocene, la distruzione dell’ambiente che la nostra economia estrattiva ha esercitato per oltre un secolo ha una radice comune con questa pandemia”.

Non può che farci piacere l’avvicinamento della “banca di sistema” italiana alla critica decoloniale del capitalismo, impreziosita qua e là dalla menzione di Sputnik V, vaccino che nei prossimi mesi potrebbe finire sul mercato italiano: una narrazione che ha un non so che di internazionale situazionista. Ci viene anche ricordato che “salute, ambiente e biodiversità sono beni comuni globali”, e che, ovviamente, “la crisi ecologica ci garantisce pandemie ricorrenti”. Insomma, la finanza – quella italiana almeno, non vorremmo peccare di ottimismo e rimanere poi scottati – pare quindi sulla buona strada per riconoscere le sue responsabilità nella crisi climatica in corso, che favorisce l’insorgere di pandemie, genera e alimenta le disuguaglianze sociali.

Da ormai tredici anni, a sentire i relatori del Forum, sembra che prestiti e garanzie della finanza privata e pubblica all’industria fossile siano ormai un brutto ricordo. Con evidenti collegamenti a Intesa Sanpaolo (non solo nella figura di Fallico, ma anche come partner e sponsor), il Forum, nato come momento di confronto e rafforzamento delle relazioni tra Italia, Unione Europea, Federazione Russa e Unione Economica Eurasiatica, negli anni si è evoluto in palcoscenico ideale per tutti coloro che alimentano la crisi climatica in corso, provando e riprovando discorsi mistificatori della realtà che avrebbero di lì a poco fatto breccia nell’immaginario pubblico.

Sullo sfondo, c’è l’Europa come terreno di scontro tra il gas statunitense e quello russo. Uno scontro che alimenta la costruzione di gasdotti inutili, economicamente in perdita e devastanti per l’ambiente e le persone, come ad esempio Nord Stream 2, Baltic Pipe o i siti di stoccaggio del gas naturale liquefatto (GNL) sulle coste olandesi. Ovviamente, è la retorica del gas “combustibile fossile pulito” o “combustibile fossile di transizione” a farla da padrona, gettando ombre oscure sulla giusta transizione europea, come accade per esempio in Polonia.

I discorsi dei padroni di casa del Forum non sono stati gli unici dal piglio situazionista – anche se in alcuni casi si trattava più di stand-up comedy di basso livello. Così, con un uno-due da potenziale KO, Leonid Mikhelson, amministratore delegato di Novatek, più grande produttore privato di gas in Russia, ritiene che “l’ottemperanza all’Accordo di Parigi è un obiettivo piuttosto complicato”. Patrick Pouyanne, amministratore delegato di Total, afferma invece che il gas è “in un certo senso è decarbonizzato”. Gettiamo la spugna, prima di farci troppo male. Dobbiamo però ammettere che è evidentemente complicato raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi con l’espansione dei progetti GNL nell’Artico russo, come ad esempio Yamal LNG e Arctic LNG-2, entrambi di Novatek e Total, tra gli altri. Di più: il primo finanziato dai padroni di casa di Intesa Sanpaolo, il secondo…probabilmente pure.

E che dire delle esplorazioni di possibili giacimenti di idrocarburi al largo del Libano, che vedono coinvolte ancora Novatek, Total e la nostrana ENI? Esplorazioni che rischiano di esacerbare tensioni già tangibili nel Mediterraneo Orientale, a causa del gasdotto EastMed, dal momento che i blocchi di esplorazione si trovano in una zona di marea contesa tra Libano e Israele, al centro di tavoli dall’esito incerto. Fortuna che non c’era un panel sulla pace del mondo.
E se “Total si impegna nell’espansione del GNL in Russia, a beneficio del mondo, dell’Europa e anche a beneficio dell’India, della Cina e di tutti i clienti nel mondo”, bisognerebbe chiedere alla popolazione mozambicana di Cabo Delgado chde cosa abbia da dire in merito. Rimaniamo però fiduciosi: nonostante il progetto Mozambique LNG (Total, ONGC Videsh e altri) abbia sfollato forzatamente centinaia di famiglie e alimentato la militarizzazione dell’area, già vessata dalle scorribande di gruppi islamisti, i benefici saranno sicuramente moltissimi.

La parte del leone la fa anche SACE, tramite le parole del suo Presidente Rodolfo Errore: “stiamo facendo una grande azione per la sostenibilità […] da circa quindici anni abbiamo un’unità specializzata che esegue due diligence sulle operazioni che sosteniamo, in conformità alle line guida dell’OCSE e della Banca Mondiale. Come le garanzie poste a Yamal LNG, Arctic LNG-2 e Mozambique LNG: “sostenibilità”, “due diligence” e il barbatrucco non si vede. Così è facile dichiararsi “sostenibili” e al contempo fare da salvagente ai più devastanti progetti fossili.

Potendo salire sul palco del Forum, mentre le luci si abbassano e le tende iniziano a chiudersi, in maniera sommessa ci schiariremmo la voce e chiederemmo a Intesa Sanpaolo: “ma Forum del Caos vi pare brutto?”. Aspettando Godot.

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