Il cambio di rotta dell’AIE mette Draghi con le spalle al muro

“Stop a nuovi investimenti in petrolio e gas”. Il monito lanciato ieri dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), tradizionalmente molto conservatrice e vicina alle posizioni dell’industria fossile, ha scatenato un terremoto mediatico. Secondo l’organizzazione intergovernativa, il consumo di petrolio dovrebbe essere ridotto del 75% e quello di gas dimezzato, al fine di raggiungere la cosiddetta neutralità climatica entro il 2050.

Foto di Alexander Popov/Unsplash

A dire la verità, il rapporto dell’AIE presenta ancora non poche criticità, a partire dall’uso massiccio di tecnologie obsolete come il nucleare o la rischiosa CCS (cattura e stoccaggio del carbonio), e l’espansione delle bioenergie, che secondo Biofuelwatch comporterebbe che un’area delle dimensioni di Argentina, Cile, Paraguay e Uruguay sia destinata a trasformarsi in piantagione per fornire le biomasse e le colture necessarie alla produzione di biocarburanti, ponendo un problema enorme di sostenibilità, ma anche di violazioni dei diritti delle comunità indigene e locali.

Con tutti i suoi limiti, il rapporto segna comunque un cambio di rotta rispetto al passato.

Finora gli scenari dell’AIE sono stati regolarmente presi a riferimento dalle major petrolifere poiché tendenzialmente poco ambiziosi e allineati con le traiettorie del comparto. Nei propri rapporti l’Eni cita le analisi dell’Agenzia innumerevoli volte, al fine di dimostrare la compatibilità del suo piano industriale con la transizione energetica necessaria.

Il governo italiano è andato però persino oltre. Sarà proprio l’AIE, infatti, ha supportare la presidenza italiana del G20, in particolare sulla questione clima. L’accordo è stato siglato lo scorso mese dal ministero dello Sviluppo economico e affida all’Agenzia il compito di analizzare la sostenibilità del piano di ripresa italiano, producendo studi e due rapporti. Il contratto prevede un compenso di circa mezzo milione di euro.

Alla luce del recente annuncio dell’AIE, sarà dunque interessante conoscere le valutazioni dell’agenzia sul PNRR italiano, ormai diventato un libro dei desideri delle lobby industriali, ma non solo.

Che cosa dirà l’AIE riguardo gli investimenti fossili di SACE, la controllata di Cassa depositi e prestiti recentemente passata sotto il controllo del MEF, che ogni anno destina miliardi di euro a progetti di petrolio e gas?

Come si esprimerà su Intesa Sanpaolo, la banca fossile italiana per eccellenza, che nel solo 2020 ha finanziato carbone, petrolio e gas con 5,4 miliardi di euro, per lo più in società che stanno espandendo il proprio business fossile.

Per non parlare di Eni, per il 30 per cento ancora in capo allo Stato, che proprio qualche giorno fa ha inaugurato un nuovo giacimento in Indonesia e continua a investire massicciamente in esplorazioni di idrocarburi.

A questo punto Roberto Cingolani, soprannominato ministro della “finzione ecologica”, si troverà a dover giustificare le nuove trivellazioni nel mar Adriatico da lui autorizzate a qualche mese dal suo insediamento?

Vedremo se l’AIE manterrà la propria postura di fronte al Sistema-Italia, che di cambiamento finora non ha mai voluto saperne. Di certo, i prossimi appuntamenti del G20, tra cui quelli di Venezia sulla finanza e di Napoli sul clima, saranno importanti banchi di prova per l’esecutivo guidato da Mario Draghi.

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