Ma Generali sta con Trump?

Foto di Roberto Casagrande, licenza CC BY 3.0, Wikimedia Commons

[di Antonio Tricarico]

Quattrocento investitori istituzionali che gestiscono ben 22mila miliardi di dollari di asset finanziari nel mondo hanno scritto ai leader del G20 che si incontrano domani ad Amburgo chiedendo di confermare l’impegno per l’Accordo di Parigi contro i cambiamenti climatici e di muoversi subito per la sua implementazione.

Tra quelli che hanno promosso la chiamata figurano anche diversi grossi attori del settore assicurativo quali Allianz, Aviva, AXA, Munich Re e Zurich. Fa rumore l’assenza tra i firmatari di Generali Assicurazioni, il più grande investitore istituzionale italiano che gestisce più di 530 miliardi di euro di asset. Viene da chiedersi se il Leone di Trieste preferisce il silenzio perché condivida in fondo in fondo la posizione del Presidente statunitense Donald Trump, che ha deciso di uscire dall’Accordo di Parigi e di tornare a promuovere lo sviluppo dei combustibili fossili, principali responsabili della crisi climatica, a partire dal carbone.

Davvero un’occasione persa per Generali, ma che dà l’opportunità di riflettere a fondo sull’ipocrisia del settore assicurativo, in particolare quello nostrano. Oramai questo comparto gestisce quasi un terzo dell’intera ricchezza finanziaria del pianeta. Sin dagli anni ‘70 ha sollevato la questione delle profonde implicazioni legate ai cambiamenti climatici e ai suoi effetti nefasti, conditi da disastri e sciagure. Eppure poche società assicurative hanno adottato politiche per limitare gli investimenti in società che promuovono l’estrazione, lo sviluppo e l’utilizzo dei combustibili fossili, a partire dal carbone, il quale produce più emissioni di gas serra. La migliore assicurazione per tutti noi e il pianeta sarebbe quella di mantenere nel sottosuolo i combustibili fossili. Ma società come Generali sono pronte per questa sfida? Sembrerebbe proprio di no, preferendo il business as usual, ossia distruggendo il pianeta e chi ci abita.

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