Clima, Re:Common e Greenpeace: «Bene Generali su abbandono petrolio da sabbie bituminose, ora faccia altrettanto con il carbone»

ROMA, 26.05.20 – Re:Common e Greenpeace Italia accolgono con soddisfazione la decisione di Generali di non assicurare più progetti e società coinvolte nell’estrazione di petrolio da sabbie bituminose, una delle tipologie di greggio più inquinanti al mondo. Il Leone di Trieste ha infatti deciso di includere nella lista nera questo settore, al quale non fornirà più finanziamenti e coperture assicurative, includendo anche oleodotti e altre infrastrutture associate.

Nonostante i passi positivi nel settore delle sabbie bituminose, destano invece ancora forte preoccupazione i legami di Generali con alcune tra le società del carbone più inquinanti in Europa, in particolare in Polonia e Repubblica Ceca. Tra queste PGE e CEZ, le cui centrali e miniere si stima causino oltre 1.800 morti premature in Europa ogni anno. Generali assicura inoltre una delle controllate del Gruppo EPH, compagnia ceca che negli ultimi anni ha rilevato centrali e miniere a carbone in tutta Europa con il solo obiettivo di mantenerle in vita il più a lungo possibile. EPH è anche proprietaria della centrale a carbone di Fiume Santo, in Sardegna, una delle principali cause di inquinamento nel nord dell’isola.

«Generali ha preso una decisione importante, ma se la principale compagnia assicurativa italiana tiene davvero alla tutela del Pianeta e alla salute delle persone, deve abbandonare definitivamente il carbone, così come fatto con il settore delle sabbie bituminose», commentano Re:Common e Greenpeace Italia. «Quelle che Generali chiama “eccezioni”, e cioè le centrali e miniere a carbone in Polonia e Repubblica Ceca, sono una bomba climatica che la compagnia triestina deve abbandonare subito, altrimenti l’attenzione all’emergenza climatica resterà poco più che uno slogan».

La decisione di Generali arriva in un momento particolare, dato che vi sono attualmente due maxi-oleodotti in fase di realizzazione tra Stati Uniti e Canada, ovvero il Trans Mountain e il famigerato Keystone XL. Proprio qualche giorno fa, l’organizzazione americana Rainforest Action Network è riuscita a ottenere i nomi delle assicurazioni coinvolte nel progetto Trans Mountain, tra le quali spiccano alcune europee, compresi i giganti Lloyd’s, Zurich e Munich Re.

L’oleodotto dovrebbe collegare i giacimenti di sabbie bituminose dell’Alberta, in Canada, fino alla costa pacifica degli Stati Uniti, aggiungendo 590 mila barili di petrolio estratto alla produzione attuale. All’impatto sul clima si aggiunge anche quello sui territori e le comunità, dal momento che l’opera stravolge delicati ecosistemi e viola i diritti delle popolazioni indigene dell’area.

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