Prima sono arrivate Gibe I e II, realizzate anche con i soldi della nostra cooperazione, poi Gibe III, una mega infrastruttura che sta distruggendo un fragile ecosistema e mettendo a repentaglio la vita delle comunità locali.
L’inondazione prodotta dal bacino artificiale sta infatti gradualmente sommergendo i territori su cui le tribù della Valle dipendono per la coltivazione e l’allevamento e ridurrà drasticamente il livello del Turkana in Kenya, il più grande lago desertico del mondo. Tra le 500mila e le 700mila persone tra Etiopia e Kenya si troveranno così a dover fronteggiare una vera e propria catastrofe umanitaria. A breve vedrà la luce anche Gibe IV, sempre grazie alla solita impresa italiana e questa volta con la probabile copertura dell’agenzia all’export italiana, la SACE.
Intanto le tribù indigene della bassa Valle sono scacciate con violenza dalle loro case ancestrali e i loro pascoli e le terre agricole sono inondate o trasformate in piantagioni industriali di canna da zucchero, cotone e agro-combustibili. Per la i paesi occidentali va bene così, anzi, sono ben contenti di stanziare abbondanti fondi per il governo etiopico.
“Sembra che la comunità internazionale non si renda conto che sta donando fondi per permettere al governo etiopico di distruggere la vita delle popolazioni indigene della Valle dell’Omo. I finanziamenti che arrivano non stanno migliorando affatto le nostre condizioni di vita. Il budget viene invece utilizzato dall’esecutivo per peggiorarle attraverso i programmi di villaggizzazione” (Abitante della Valle dell’Omo).