Egitto, per la SACE gli affari fossili vengono prima di tutto

La SACE, l’assicuratore pubblico italiano controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze, svolge un ruolo di primissimo piano in Egitto. La sua esposizione storica nei confronti del regime de Il Cairo supera i 4 miliardi di euro. L’importanza rivestita dall’Egitto nel portafoglio di SACE si evince dalle due operazioni di garanzia di primissimo piano rilasciate per la Middle East Oil Refinery (MIDOR) e l’Assiut Oil Refinery (AOR), entrambe in capo all’azienda petrolifera di Stato. La prima, situata nei pressi di Alessandria a circa due chilometri dal Mar Mediterraneo, si posiziona tra le prime dieci raffinerie del continente africano. Per la sua realizzazione, SACE ha garantito per un ammontare di 1,2 miliardi di euro, mentre per Assiut l’importo era leggermente superiore: 1,32 miliardi di euro. Per entrambe le opere a beneficiare della garanzia è stata anche l’italiana Cassa Depositi e Prestiti (CDP, altro soggetto pubblico).

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La campagna d'Egitto
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Per il progetto di Assiut fonti giornalistiche hanno parlato di forti titubanze da parte di CDP, che hanno portato a un forte ritardo sulla firma definitiva, arrivata solo il 14 febbraio 2022. I timori di CDP, riportati da fonti giornalistiche, sono state confermate dalla ricostruzione del giornalista Stefano Vergine in un suo articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano dello scorso 7 novembre. Scrive Vergine che “secondo quanto ricostruito dal Fatto, sarebbe stata proprio Cdp, anch’essa controllata dal Mef come Sace, a contribuire alle lungaggini nell’approvazione del progetto. ‘Il ritardo – dice una fonte che ha seguito da vicino il dossier – oltre che dalla burocrazia egiziana è dipeso da Cdp. Mentre per Sace non c’erano problemi, Cassa depositi e prestiti è stata titubante sull’operazione. A giugno 2021, quando si è insediato come amministratore delegato di Cdp, Dario Scannapieco ha preso in mano il dossier Assiut e l’ha fermato per timori reputazionali legati al caso Regeni. Poi è intervenuto Palazzo Chigi, che ha convinto Scannapieco a sbloccare il finanziamento e così è arrivato il via libera’. Sarebbe dunque stato Mario Draghi a forzare la mano, spingendo Cdp a finanziare il progetto e mettendo così Sace in condizione di garantire il credito.” 

Al netto delle smentite o dei silenzi del caso, è sempre più forte il sospetto che nel nome del business as usual fossile la SACE abbia “rimosso” la dolorosa vicenda Regeni dai fattori da tenere in considerazione per valutare se sostenere o meno un progetto di tale entità.

illustrazione ©Gabriel Vigorito/ReCommon
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