Descalzi, un amministratore delegato per tutte le stagioni

Quattro mandati. Dodici anni alla guida della più importante e potente multinazionale italiana, ENI. Confermato da governi di ogni colore politico. Con cotanto curriculum vitae, vien da dire che a Claudio Descalzi si addice la definizione che cinque secoli fa diede Robert Whittington di Thomas More, o Tommaso Moro che dir si voglia: “un uomo per tutte le stagioni”.

Nel caso di Descalzi non parliamo certo di un filosofo e la sua utopia è in realtà la ben concreta rincorsa ai profitti che negli ultimi tempi, grazie alla contingenza “favorevole”, ha fatto sì che ENI facesse man bassa di miliardi. Tanto per snocciolare qualche dato, a fine febbraio scorso il cane a sei zampe ha annunciato oggi un utile operativo adjusted di gruppo nell’esercizio 2022 di 20,4 miliardi di €. I profitti più alti di sempre e più del doppio rispetto al 2021.

L’utopia è provare a dare una svolta al business di ENI e puntare su una reale transizione energetica. Cosa che Descalzi si guarda bene dal fare. Così il picco di produzione di petrolio e gas è stato spostato in avanti, arrivando fino al 2030. Insomma, gli investimenti su gas e petrolio aumentano, invece di diminuire. Qualche progetto utopico per la verità c’è. In Italia, ma anche nella terra natia di Thomas More, si punta sulla cattura e sul sequestro del carbonio. Tecnologia per il momento inaffidabile, così come ancora incerta, soprattutto sui tempi, è la fusione nucleare sbandierata ai quattro venti negli ultimi mesi.

Altra utopia, che non vorremmo facesse rima con bugia, è quella dei progetti per le compensazioni di carbonio. Ovvero, continuo a inquinare estraendo idrocarburi, ma mi pulisco la coscienza preservando foreste in giro per il Pianeta. Che poi i calcoli e le valutazioni su quanto questa abile operazione di greenwashing sia salvifica per il Pianeta siano ormai pesantemente attaccate da più parti, anche sui media, non è cosa da poco, va riconosciuto. Ma al nostro uomo per tutte le stagioni questo “scetticismo” sembra interessare poco. Lui va avanti per la sua strada, che è “lastricata” di gas come strumento per la transizione, pazienza se importato in quantità crescenti da paesi guidati da regimi repressivi, come Egitto e Algeria, o dove i conflitti per le risorse sono sempre più feroci, come il Mozambico.


Non resteremo in silenzio. Continueremo a denunciare finché non avremo ottenuto giustizia! Ma abbiamo bisogno del sostegno di tutte e tutti, per difendere la nostra libertà ed il pianeta.


D’altronde ENI per anni ha fatto affari con Gazprom, legandoci mani e piedi con la Russia di Vladimir Putin, quindi in tutta franchezza non c’è da meravigliarsi poi troppo delle scelte attuali. Ed è vero che la relazione con Mosca nasce da lontano, ma il nostro Descalzi non si è certo prodigato per ridimensionarla.

Certo, qualche spina nel fianco se la ritrova anche il nostro campione nazionale. Nella Basilicata che lui stesso nel lontano 2017, quando le assemblee degli azionisti ancora si facevano a porte aperte, ebbe a dire che “non era contenta di ENI”, si è materializzata una condanna per traffico illecito di rifiuti e gli stessi manager di ENI già colti in fallo sono ora a processo per uno sversamento di 400 tonnellate di petrolio dal Centro Olio di Viggiano, in Val d’Agri. E poi, a seguito dei procedimenti penali ancora in corso in Nigeria riguardanti le accuse di corruzione per l’acquisizione della licenza Opl245 in Nigeria, ENI non è riuscita ancora a convertire la licenza esplorativa in estrattiva e sfruttare dei ricchissimi campi petroliferi offshore. Un cruccio non da poco, così come deve certo essere alto nei pensieri dell’amministratore delegato del cane a sei zampe il ricorso in sede amministrativa contro la tassa sugli extra-profitti. “Dettagli” che non hanno turbato più di tanto l’attuale Presidente del Consiglio, che su Descalzi ha sempre puntato fortissimo.

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