Debito, come ripetere in Europa gli errori di trent’anni fa

grafici finanziari
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[di Antonio Tricarico]

Il 20 agosto è caduto il trentesimo anniversario della prima crisi del debito del Terzo Mondo, quella messicana del 1982. Negli anni Settanta l’eccesso di profitti delle major petrolifere depositati in banche americane ed europee aveva spinto a una cornucopia incontrollata di prestiti privati senza controlli ai paesi in via di sviluppo.

Quando poi, alla fine del decennio, la Federal Reserve americana alzò i tassi di interesse in maniera vertiginosa per far fronte all’inflazione, nelle realtà del Sud del Pianeta partì una serie di default a catena.

Proprio il 20 agosto di 30 anni fa il Messico annunciò una moratoria sul proprio debito di 50 miliardi di dollari – quasi tutto con creditori privati. Per evitare il collasso del sistema bancario occidentale esposto verso i paesi poveri, il Fondo monetario internazionale intervenne erogando prestiti nei confronti di questi ultimi. Il primo a ricevere del denaro dall’FMI  – 4 miliardi di dollari – fu proprio il Messico.

Il Fondo in cambio impose misure draconiane di austerità, inclusi tagli alla spesa pubblica e liberalizzazioni dell’economia e dei mercati di capitale. Così in un decennio la produzione dell’intera America Latina crollò dell’8 per cento. L’economia messicana si contrasse dell’11 per cento, con una perdita di più di un milione di posti di lavoro in pochi mesi, mentre il debito raddoppiò in 5 cinque anni.

Oggi la stessa storia sembra ripetersi con la Grecia nella “ricca” Europa. Il suo salvataggio è servito principalmente per salvare le banche estere, esposte in prestiti rischiosi al fine di lucrare sui bond greci ad alto tasso di interesse. I soldi arrivati dall’Europa hanno ripagato gli istituti di credito e sono subito riusciti dal paese. Nel frattempo le misure di austerità chieste in cambio al governo ellenico hanno acuito la crisi economica e sociale. Il debito è passato dal 118 per cento nel 2010 al 150 per cento di oggi. L’economia si è ridotta del 15 per cento e la disoccupazione si aggira sul 20 per cento. Oggi il film messicano viene proiettato di nuovo ad Atene.

Come ricorda l’ex ministro delle finanze Colombiano José Antonio Ocampo, la risposta dei pacchetti di salvataggio dell’Fmi fu “un modo eccellente per gestire la crisi del sistema bancario americano e un modo terribile per affrontare la crisi del debito latino-americana”. Oggi le istituzioni europee tentennano nel concedere ulteriori aiuti alla Grecia disastrata pretendendo ancora sacrifici di fronte ad una vera e propria emergenza umanitaria nel paese, mentre la crisi bancaria europea continua a riproporsi in altri paesi.

Come trenta anni fa, la scelta di far pagare il costo alla popolazione greca e non alle banche europee non è stata casuale. Utilizzando la scusa delle crisi del debito, il Messico rappresentò un esperimento per l’imposizione di aggiustamenti strutturali e della dottrina della shock economy. Così oggi la Grecia rimane l’esperimento per “aggiustare strutturalmente” l’economia europea a vantaggio di pochi.

Ci sono voluti circa 20 anni di resistenze e sofferenze per far rialzare la testa ai popoli del Sud del mondo e permettere loro di iniziare a emanciparsi dalla trappola del debito – a partire dal default argentino del 2001. La lotta continua in Africa e in numerosi altri paesi. Come ha sottolineato di recente Larry Elliott sul Guardian, la storia della crisi del debito del Messico ci insegna che è inevitabile che ci sarà un ennesimo taglio al debito della Grecia e che un sistema finanziario non regolato facilmente genererà nuove crisi e nuovi debiti a proprio vantaggio (si pensi alle crisi asiatiche del ’97-’98 tra le tante degli ultimi tre decenni).

Perciò è giusto porsi la domanda subito, e non dopo venti anni di ingiustizie, di come far pagare il debito a chi nel sistema finanziario lo ha generato per il proprio profitto, non accollandolo invece ai popoli, a partire da quello greco.

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