CDP ed Eni alla campagna di Russia

Vertice Italia - Russia, Trieste 2013. Foto Palazzo Chigi su flickr. Licenza CC BY-NC-SA 2.0

[di Elena Gerebizza]
Sull’incontro avvenuto ieri a Trieste tra il presidente del consiglio Enrico Letta e il presidente russo Vladimir Putin sono uscite fuori note di colore e poco altro. Di che cosa abbiano parlato, e quale sia il contenuto dei sette protocolli di intesa e dei 28 accordi commerciali firmati tra strette di mano e sorrisi sullo sfondo di Piazza Unità d’Italia è top secret per i più.

Sono usciti i nomi di alcune delle aziende interessate (tra cui le grandi partecipate Eni e Enel, ma anche Poste italiane, Selex, Prysmian, Fincantieri, Pirelli, Cremonini), delle grandi banche (Mediobanca, Ubi Banca, Transcapital Bank) e infine SACE, Cassa Depositi e Prestiti e Vnesheconombank, la più grande istituzione finanziaria pubblica russa, che hanno partecipato al Business Forum organizzato a lato del vertice. Significativo che due personaggi del calibro di Paolo Scaroni (Amministratore delegato di Eni) e Franco Bassanini (Presidente di CDP) siano arrivati fino a Trieste per incontrare il premier russo. Forse perchè sul tavolo ci sono affari importanti che rientrano in questo pacchetto misto pubblico-privato di relazioni italo-russe, in cui la finanza la fa da padrona.

Non è un caso che Franco Bassanini abbia voluto discutere di persona con Putin la questione del fondo sovrano russo e di come interessarlo agli investimenti promossi dal Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti, il quale sta proponendo la svendita di proprietà pubbliche, immobili, terre, ma anche aziende pubblico-private, per promuovere nuove privatizzazioni che prevedono un coinvolgimento diretto di grandi investitori istituzionali, come appunto il fondo sovrano russo. Per cosa si vogliano attirare investimenti in “equity” di questo mega fondo creato con le entrate dal petrolio e orientato a investire principalmente nella costruzione di grandi infrastrutture (soprattutto nel settore energetico) in territorio russo, e se questo sia “strategico”, non è materia di discussione nemmeno per i risparmiatori postali italiani, seppure il veicolo di queste operazioni siano proprio i loro risparmi! Ben pochi ricordano infatti che la Cassa depositi e prestiti gestisce quasi 240 miliardi di risparmi postali di ben 12 milioni di famiglie.

Non è un caso che Gazprom sia sempre più interessata al mercato del gas europeo, e nemmeno che nella lunga lista dei “progetti di priorità comunitaria” pubblicata dalla Commissione europea sia stato incluso anche il South Stream, come una delle componenti del “Corridoio sud del gas”. Forse Paolo Scaroni era interessato a rappresentare proprio gli interessi ENI in questo progetto (co-promosso con Gazprom) che dovrebbe arrivare in Friuli Venezia-Giulia, e che rientrerebbe benissimo in questo rilancio delle relazioni tra Italia e Russia. Un progetto che punta a raccogliere gli investimenti direttamente sui mercati dei capitali, e che potrebbe ricevere una spinta notevole da un accordo tra CDP e il fondo sovrano russo.

Certo, proprio in questi giorni il parlamento italiano è sotto pressione per completare la ratifica dell’accordo su un altro mega-gasdotto, il Trans Adriatic Pipeline, anche questo parte del Corridoio sud del gas, ma progettato in chiave anti-russa e sulla precondizione che la sicurezza energetica europea si fondi sull’emancipazione dal gas russo, aprendosi invece a quello della regione del Caspio e del Nord Africa. Saranno quindi il governo e CDP a doverci spiegare se la strategicità degli accordi di Trieste è per noi, per Putin o per i mercati finanziari, e chi in ultima analisi dovrà pagare il conto. Nel frattempo le larghe intese con oligarchi, governi autoritari e boiardi di Stato nostrani non possono attendere.

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