Caso OPL245, il flop dell’unità anti-corruzione inglese

Quartier generale di Eni a Milano, foto Global Witness
Quartier generale di Eni a Milano, foto Global Witness

L’organizzazione di giornalisti investigativi Finance Uncovered ha gettato nuova luce su uno dei passaggi più controversi della vicenda OPL 245, il maxi-giacimento al largo delle coste della Nigeria che vede le multinazionali Eni e Shell, insieme a una serie di alti dirigenti e intermediari, a processo per corruzione internazionale a Milano.

Finance Uncovered ha infatti scoperto che il pagamento effettuato di 875 milioni di dollari su un conto londinese intestato al governo federale nigeriano e poi girati alla compagnia Malabu, di fatto di proprietà dell’ex ministro del Petrolio dei tempi della dittatura di Abacha, Dan Etete, è avvenuto con l’autorizzazione dell’organismo anti-riciclaggio britannico. È quanto hanno affermato i legali della JP Morgan durante il procedimento londinese in cui l’esecutivo di Abuja sta chiedendo i danni all’istituto di credito proprio per aver veicolato i fondi a Etete, condannato per riciclaggio di denaro sporco e personaggio dalle mille ombre.

Eppure tutta l’operazione avrebbe ricevuto il nulla osta dal Serious Organised Crime Agency (SOCA), per il momento non si capisce su che basi. I pagamenti furono eseguiti fra il 2011 e il 2013. Il SOCA riferisce direttamente al ministero dell’Interno, che all’epoca dei fatti era guidato dall’attuale premier britannico Theresa May.

In due occasioni, nonostante l’autorizzazione formale della SOCA, le transazioni non andarono a buon fine perché due banche libanesi e svizzere preferirono non aver nulla a che fare con il denaro di Dan Etete.

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