No al gas in Mozambico!
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Il Mozambico è al terzo posto in Africa per riserve di gas stimate, ma si colloca tra le ultime dieci posizioni per indice di sviluppo umano, secondo l’ONU.

Perché una risorsa naturale può diventare una maledizione per un intero Paese e chi sono i responsabili?


La maledizione del gas

Siamo nel Nord del Paese, nella provincia di Cabo Delgado. Qui, a partire dal 2006, sono stati scoperti enormi giacimenti di gas, e così è partita la corsa all’accaparramento delle risorse da parte dei giganti dell’industria fossile, multinazionali finanziate da banche private, pubbliche e da agenzie di credito all’esportazione, provenienti da almeno 20 Paesi.

Tra queste multinazionali c’è Eni, proprietaria della piattaforma galleggiante di produzione e liquefazione Coral South FLNG, l’unico progetto realizzato e operativo, che esporta gas da novembre 2023. Non l’unico progetto di Eni, visto che ce ne sono altri due in fase di studio: Coral North FLNG e Rovuma LNG.

Essenziale per chi?

Eni e il governo italiano definiscono il gas mozambicano essenziale per la nostra sicurezza energetica, ma la maggior parte del gas estratto dalla multinazionale viene rivenduto sul mercato tramite BP, quindi ne arriva poco in Italia e non resta neanche in Mozambico, dove quasi 20 milioni di mozambicani non hanno accesso all’energia.



Gli attacchi terroristici

Ma non è l’unico prezzo che paga la popolazione mozambicana. Qui, negli ultimi sei anni, sono morte più di 4mila persone e circa 900mila sono quelle sfollate a causa di una violenta insurrezione armata, alimentata anche dalla presenza delle multinazionali energetiche. L’insurrezione di matrice islamista si nutre anche della frustrazione di centinaia di persone in condizioni di povertà estrema e prive di prospettive per il futuro.

Il bacino di Rovuma è una “climate bomb”

Il prezzo che invece pagherà il pianeta, nel caso venissero estratte tutte le riserve di gas disponibili in Mozambico, non è certo meno caro. Se sommiamo tutte le riserve disponibili nel bacino di Rovuma ci troviamo di fronte a quella che gli esperti chiamano “bomba climatica”, dal potenziale impatto irreversibile sul cambiamento climatico che sta distruggendo il pianeta.

Eni

Eni è proprietaria della piattaforma da cui estrae il gas Coral South FLNG ed è coinvolta nei progetti Rovuma LNG e Coral North FLNG.

L’attività di Eni in Mozambico non si è mai fermata, neanche nelle fasi più drammatiche dell’insurrezione. Eni è stata la prima a firmare un accordo con il governo mozambicano per estrarre gas off-shore, aprendo la strada alle altre multinazionali.

Intesa Sanpaolo e UniCredit

UniCredit è il primo finanziatore di Eni a livello globale, e ha finanziato  Coral South per 160 milioni di dollari.

Intesa Sanpaolo, oltre ad essere il secondo finanziatore di Eni a livello globale, è tra le banche private che maggiormente stanno investendo nel business del GNL (dodicesima a livello mondiale nel 2023) ed è in lizza tra i potenziali finanziatori di Rovuma LNG e Coral North FLNG.

 

SACE

Eni e i suoi finanziatori investono in progetti a rischio come quelli di estrazione di gas in Mozambico perché non corrono rischi economici.

I loro investimenti sono garantiti da SACE, l’agenzia di credito all’esportazione controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze che, nel caso in cui le cose dovessero andare male, rimborsa le aziende oppure le banche che hanno prestato capitali per i loro progetti esteri. In entrambi i casi con soldi pubblici.

Vogliamo che:

    • Eni rinunci all’estrazione di gas in Mozambico
    • Intesa Sanpaolo e UniCredit non finanzino i nuovi progetti di Eni Coral North FLNG e Rovuma LNG.
    • SACE non emetta nuove garanzie per progetti di combustibili fossili in Mozambico e revochi la garanzia ai finanziamenti per Mozambique LNG
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