ACEA, Campidoglio a porte chiuse

Cittadini davanti al Campidoglio - foto CRAP
Cittadini davanti al Campidoglio - foto CRAP

[di Caterina Amicucci] – pubblicato su Il Manifesto del 14 giugno 2012
Ormai da giorni il Comitato Romano Acqua Pubblica, insieme ad altre realtà della società civile della capitale, presidia il Campidoglio per impedire la svendita di ACEA. Un provvedimento che il sindaco Gianni Alemanno sta perseguendo con estrema ostinazione, facendo ricorso a mezzi la cui legalità sarà accertata in seguito dalla magistratura.

Il clima che si respirava ieri in Campidoglio era un misto di saldi di fine stagione, regime di polizia e lassismo all’italiana. Una situazione surreale che potrebbe quasi far sorridere, se non comportasse una preoccupante emergenza democratica. I cittadini romani si sono trovati di fronte a un municipio presidiato dalle forze dell’ordine e sono stati oggetto di perquisizioni in strada, tanto che qualcuno è stato costretto ad acquistare un maglietta da turista e mischiarsi alla folla solo per accedere alla piazza.

La notizia era già nota da martedì, il Consiglio Comunale si sarebbe svolto a porte chiuse. Campo squalificato dopo la rissa di lunedì scorso, verrebbe da dire. La metafora calcistica ha assunto toni ancora più calzanti quando una decina di attivisti romani si è vista notificare dai vigili urbani un vero e proprio daspo, ovvero l’interdizione a varcare le soglie del Municipio da uno a tre mesi. Un provvedimento che ha colpito alcune persone che avevano come unico torto quello di essere presenti nell’aula consiliare lunedì e altre che addirittura erano già andate via nel momento in cui è scattata la rissa generata in seguito a una votazione palesemente illegittima.

Dentro, in aula, in un rapido giro di interventi, il Consiglio Comunale valuta la brutta figura nazionale. Con affermazioni persino di colore, come quella di Antonino Torre, il consigliere meno votato di Roma, lista civica Alemanno, che accusa  l’opposizione di aver introdotto nell’aula  esponenti di sigle consegnate alla storia degli anni settanta. Fuori, intanto, i cittadini cercano di far valere i propri diritti. Nessun articolo del regolamento del Consiglio Comunale consente infatti di svolgere arbitrariamente sedute a porte chiuse. Ne nasce un acceso dibattito con la responsabile di piazza della Digos, che è l’unico interlocutore dei manifestanti: nessun consigliere si è fatto carico di  dare spiegazioni ai manifestanti.  Dialogo inutile: e così un gruppo di esponenti della rete “Roma non si vende” si è recato nel vicino commissariato di polizia a sporgere formale denuncia. Anche su questo indagherà la magistratura.

Ma la confusione nell’aula Giulio Cesare resta enorme. Già dalla mattina non era chiaro se la votazione di lunedì sarebbe stata ripetuta. A sciogliere il dubbio è stato Alemanno, mai presente in aula, che nella conferenza dei capigruppo ha dichiarato che la questione della sospensiva era superata e si sarebbe passati alla fase del maxi-emendamento. Ovvero ad accorpare i 160 mila emendamenti presentati dall’opposizione sulla delibera 32, la quale sancirà la cessione in borsa del 21 per cento di ACEA e che, viste le attuali difficoltà del titolo, porterà nella casse del comune solo 170 milioni di euro. Certo, poca roba, in confronto ai dieci miliardi di debito del bilancio capitolino. Saldi di fine stagione dopo le vicende di parentopoli che hanno travolto AMA e ATAC, le altre municipalizzate romane.

Tra una sospensione e un tramezzino, tra una conferenza dei capigruppo, una stampa e un immancabile caffè, la partita si giocherà nei prossimi giorni, quando Alemanno porterà in votazione la delibera che dovrà poi essere incorporata nel bilancio che per legge deve essere approvato entro il 30 giugno, pena il commissariamento.

Proprio ieri, nel primo anniversario della vittoria referendaria, la mossa di Alemanno si è inserita in un quadro più ampio di tradimento della volontà popolare. E’ infatti fresca di alcuni giorni la proposta di ricalcolo delle tariffe dell’authority sull’energia e che vede rispuntare la remunerazione del capitale, abolita con il voto dell’anno scorso, con un nuovo nome, ovvero “oneri finanziari sul capitale immobilizzato”.  Un modo per far rientrare dalle finestra ciò che era uscito dalla porta.

La questione dell’acqua continua a essere una battaglia per la democrazia e necessita dell’impegno di tutti e la campagna di disobbedienza civile “Il mio voto va rispettato” offre senza dubbio l’opportunità di attivarsi concretamente. Un’esigenza prioritaria, visto quanto sta accadendo.

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