La pubblicazione inizia in modo promettente. Dopo anni di smentite e confusioni [1], Eni ammette finalmente che Dan Etete, l’ex ministro del petrolio nigeriano, aveva una partecipazione nella società a cui aveva originariamente concesso la licenza OPL 245[2].
Un ministro che aggiudica a se stesso un contratto è, per qualsiasi standard normativo di qualsiasi giurisdizione, un atto di corruzione o, quantomeno, un abuso d’ufficio. Gli osservatori neutrali potrebbero chiedersi perché Eni non abbia sinora menzionato questa parte cruciale della storia dell’OPL 245 o chiedersi perché la società abbia avuto rapporti con la società di Etete, data questa storia. Ma Eni elude queste domande scomode. Ci dice invece che l’azienda dell’Etete non era l’unica compagnia nigeriana a ottenere una licenza petrolifera all’epoca e che la Nigeria aveva una politica di assegnazione di contratti alle compagnie nigeriane[3].
Come difesa, questa è una credenza mendicante; il bandito con un braccio solo non è più un bandito perché le leggi sulla discriminazione positiva favoriscono quello armato.
I PROCEDIMENTI LEGALI NATI DALL’AZIONE DI RE:COMMON E PARTNER
L’articolo procede in questa triste vena. Dopo una breve incursione nella storia del blocco OPL 245 (sulla base delle dichiarazioni del testimone esperto dell’Eni, Fidelis Oditah) l’ENI si rivolge a “il ruolo delle tre Ong” nell’affare OPL 245. L’ENI ricorda che Re:Common, The Corner House e Global Witness hanno presentato denunce alle autorità di Stati Uniti e Regno Unito, esprimendo le loro preoccupazioni per la corruzione nell’affare OPL 245[4]. L’Eni descrive poi in dettaglio la presunta risposta delle autorità statunitensi e britanniche alle denunce, sostenendo che le indagini che ne sono scaturite sono state tutte interrotte per mancanza di prove[5]. La deduzione che siamo presumibilmente invitati a trarre è che le accuse davanti al tribunale di Milano, scaturite anch’esse da una denuncia delle tre Ong, sono altrettanto infondate.
Per la cronaca, contesteremmo con forza qualsiasi supposizione (se l’Eni lo facesse) che le nostre lamentele fossero infondate o vessatorie: sono state fatte in buona fede e basate su sospetti fondati di corruzione riconosciuti come tali dalle autorità, da cui l’avvio delle loro indagini.
[2] Eni afferma: “Il 29 aprile 1998 l’OPL 245 viene assegnata dal Governo Federale Nigeriano (GFN), presidente il generale Sani Abacha, alla società locale Malabu Oil and Gas Ltd, nella quale aveva una partecipazione l’allora Ministro del Petrolio Dan Etete”
[3] Eni afferma: “Nello stesso periodo vengono assegnate dal GFN altre licenze esplorative a società nigeriane: l’OPL 246 alla South Atlantic Petroleum, l’OPL 247 alla Heritage Oil e l’OPL 248 alla Zebra Energy; anche in questi casi il signature bonus si aggira sui 20 milioni di dollari…L’assegnazione di tutti i Blocchi esplorativi, compreso il Blocco 245, è stata effettuata nel rispetto dell’Indigenous Concession Programme (ICP), varato dal GFN nel 1991 per favorire la partecipazione nazionale all’industria petrolifera del Paese e con essa lo sviluppo di una classe imprenditoriale locale. Lo sostiene il professor Fidelis Oditah, consulente tecnico di Eni nel processo in corso al Tribunale di Milano, senza contestazioni di merito da parte della pubblica accusa.”
[4] Eni afferma: “Nel marzo 2013, la ONG (Organizzazione Non Governativa) italiana Re:Common, la ONG britannica The Corner House, la ONG angloamericana Global Witness e Dotun Oloko, cittadino nigeriano che vive nel Regno Unito, hanno presentato degli esposti negli Stati Uniti al Department of Justice (DoJ) e alla Securities and Exchange Commission (SEC) e nel Regno Unito al Metropolitan Police Service (MPS) di Londra chiedendo di aprire indagini sull’acquisizione del Blocco OPL 245 da parte delle compagnie petrolifere Eni e Shell.
In seguito, nel settembre 2013, le stesse ONG hanno trasmesso l’esposto alla Procura della Repubblica di Milano con la medesima richiesta.”
[5] Eni afferma: “Di seguito riportiamo l’esito degli esposti delle tre ONG alle autorità di vigilanza internazionale. Per ogni sezione è possibile accedere agli atti e scaricare la documentazione relativa.
Il 1 ottobre 2019, a oltre sei anni dalla presentazione dell’esposto (marzo del 2013) al DoJ da parte delle ONG, il DoJ ha concluso le proprie indagini ai sensi della normativa anticorruzione USA (FCPA) in relazione ai procedimenti «Nigeria e Algeria», dichiarando di non aver trovato riscontri per procedere nelle indagini.
Le indagini del MPS non hanno fatto emergere condotte criminose di soggetti riconducibili a Eni. Lo ha detto Jonathan Benton, già capo dell’Unità di anticorruzione internazionale del MPS e ora collaboratore di alcune ONG, sentito quale teste della pubblica accusa dal Tribunale di Milano nell’ottobre del 2018.
Il 22 aprile 2020, separatamente rispetto alla chiusura dell’indagine Algeria, la Securities and Exchange Commission americana (SEC) ha informato Eni che, sulla base delle informazioni attualmente a disposizione della Commissione, ha chiuso l’inchiesta sulla società, che include anche le indagini legate all’operazione OPL 245 e le altre indagini legate alle attività di Eni in Congo, senza intraprendere azioni o procedimenti.”