Gasdotto TAP: il punto della situazione

La protesta dei sindaci salentini

[di Elena Gerebizza]

Continua la protesta contro il gasdotto TAP, il mega progetto sponsorizzato dal governo italiano e parte di un più ampio gasdotto voluto dalla Commissione europea che dovrebbe collegare il mercato europeo ai giacimenti di Shah Deniz II in Azerbaigian.

Protagonisti della protesta i sindaci del Salento intervenuti alla Fiera del Levante, evento annuale in cui istituzioni e settore privato discutono dello sviluppo economico del territorio pugliese, e che si sarebbe dovuto aprire alla presenza del primo ministro Matteo Renzi. Sarebbe, se Renzi non avesse deciso all’ultimo di disertare per volare a New York per la finale tutta italiana degli US Open femminili di tennis, con coda di polemiche a riguardo.

Una decisione non casuale, viste le diverse questioni calde che riguardano la regione e su cui il governo rifiuta di ascoltare le richieste articolate da comitati e istituzioni. Tra tutte la questione del TAP, “scappato” Renzi, la patata bollente è rimasta nelle mani del sottosegretario De Vincenti che ha fatto infuriare i sindaci salentini quando ha definito il progetto “un’opera a impatto minimo” e “un’occasione per sviluppare le attività turistiche e agricole del territorio del leccese”. I sindaci, a partire dal primo cittadino di Melendugno Marco Potì hanno lasciato la sala ( ecco il video ) in segno di protesta e rilasciando dichiarazioni più che esplicite alla stampa presente, a conferma del clima di acuita tensione tra l’esecutivo e le istituzioni pugliesi.

L’autorizzazione unica concessa al progetto lo scorso aprile dal governo non riflette le richieste degli enti locali, esplicitate nel corso delle diverse conferenze dei servizi, in cui come punto minimo veniva richiesto al governo di presentare delle alternative al progetto che gli stessi enti locali avrebbero valutato. Richiesta più che valida, vista la decisa opposizione al gasdotto del territorio salentino e non solo, che avrebbe forzato il proponente (il consorzio TAP AG, registrato in Svizzera) ad aprire una nuova procedura di valutazione dell’impatto ambientale, ritardando il programma (comunque ambizioso) di completare la costruzione entro il 2019. Anche perché a distanza di un anno dall’approvazione della VIA, al Ministero dell’Ambiente manca ancora una cospicua parte della documentazione relativa all’implementazione delle 58 prescrizioni vincolanti, di cui 32 relative il progetto esecutivo, che quindi ad oggi non è ancora nelle mani delle autorità competenti (link alla documentazione).

Una situazione paradossale se si pensa che parliamo di un’opera dichiarata di rilevanza “strategica” dal governo e dall’Unione europea, i cui dettagli sono però ancora sconosciuti.
Ancora più paradossale è che la principale istituzione finanziaria europea, la Banca europea degli investimenti, si stia preparando a concedere proprio al TAP il più grande prestito nella storia dell’istituzione, per un ammontare complessivo di 2 miliardi di euro (ecco il link al sito della BEI).

Il prestito, che dovrà essere discusso dai direttori esecutivi della banca nei prossimi mesi, riguarderà l’opera nel suo insieme (quindi anche la parte da costruirsi in Grecia e in Albania). Già a maggio di quest’anno la Banca, la Commissione europea e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo si sono viste recapitare una lettera (LINK) che riflette le richieste degli oltre 40 enti locali contrari all’opera, inclusa la provincia di Lecce e la regione Puglia, e a cui nessuna delle istituzioni europee ha finora risposto.

Certo, se ancora manca un progetto esecutivo che risponda alle prescrizioni della VIA, forse il Tap aprirà a una nuova era per la Bei, quella dei prestiti “al buio” per opere “imposte” e dalla discutibile utilità. Un’epoca nera per un’Europa allo sbando, che fatica a ritrovare una direzione che risponda davvero alle necessità di chi vive dentro (e fuori) dai suoi confini.

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