La Grecia e il TAP della discordia

Presidio dei contadini contro la costruzione del TAP. Kavala, Grecia, ottobre 2016. Foto © Re:Common/Dojmi di Delupis

[di Elena Gerebizza]

“Sono un bravo cittadino e ho sempre pagato le tasse, ma se tolgono il pane di bocca ai miei figli mi troverete qui in strada” ha detto un contadino greco a un ufficiale di polizia locale un martedì mattina dello scorso ottobre. Questo episodio è accaduto a Kavala, nel nord-est della Grecia, località Libra. Il dialogo avviene al telefono, mentre l’associazione dei contadini di Kavala presidia davanti alle ruspe della JP Avax, che assieme all’italiana Bonatti ha vinto uno dei due appalti per la costruzione del gasdotto TAP in Grecia.

Ruspe che il 6 ottobre proprio qui, appena fuori dalla città di Kavala, sono entrate senza autorizzazione nelle terre di un contadino che nemmeno sapeva del passaggio del gasdotto lì dove lui si stava preparando a impiantare un frutteto. La società è stata denunciata per violazione di proprietà privata e danni. Da allora le ruspe sono ferme. Ogni mattina i contadini a turno presidiano il cantiere, assieme agli addetti alla sicurezza della società e a un operaio che sale sulla ruspa e aspetta. Così oramai da tre settimane.

A un paio di chilometri di distanza, il sindaco di Doxato, 15mila abitanti, dalla sera alla mattina ha trovato diversi terreni di proprietà comunale invase dai tubi della stessa società, e ha chiesto che venissero immediatamente rimossi. Parliamo con il sindaco, che ci dice che non solo l’entrata non era autorizzata, ma il comune non era nemmeno informato che il gasdotto TAP sarebbe dovuto passare attraverso quella proprietà comunale. Il comune conosce bene il progetto e ha un contenzioso aperto con il governo e la società perché da tempo chiede lo spostamento del tracciato in modo da risparmiare altre terre comunali, interessate da un progetto finanziato da fondi europei per un impianto di trattamento dei rifiuti. “Mi sembra assurdo che il gasdotto debba passare proprio lì!” ci ha detto il sindaco.

In Grecia il gasdotto TAP è più che mai elemento di divisione tra il governo guidato da Alexis Tsipras e la popolazione della Macedonia orientale e della Tracia. Territori lontani dalla capitale e già sacrificati al passaggio di diversi gasdotti provenienti dalla Russia. Territori che hanno deciso di dire no a questo nuovo gasdotto – voluto dall’Unione europea quanto dall’esecutivo ellenico – che andrebbe a segnare in maniera definitiva l’economia agricola di queste terre. A metà ottobre abbiamo incontrato l’associazione dei contadini di Kavala e il comitato Anti Tap di Neos Skopos e Seres, due delle realtà che da svariati anni si oppongono al progetto e che si trovano oggi in prima linea. A Kavala, a causa dei i primi movimenti di terra relativi alla costruzione del gasdotto, a Neos Skopos in quanto luogo prescelto per costruire una centrale di pressurizzazione da 100 MW.

Le prime proteste risalgono ad ameno quattro anni fa, quando in Grecia iniziava la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) del gasdotto TAP che voleva aiutare il paese e l’Unione europea a “emanciparsi dalla Russia”. Una storia che qui non ha mai fatto presa: con la Russia il governo Tsipras sta stringendo infatti rapporti sempre più fruttuosi, a partire da un nuovo gasdotto della cui costruzione si è discusso proprio in parallelo al TAP, il famoso IGT Poseidon, che ora dovrebbe essere costruito solo a metà, arrivando dalla Bulgaria in Grecia per poi congiungersi proprio al TAP. E così il TAP “antirusso” finirà col trasportare il gas della russa Gazprom. E quindi la “strategicità” del TAP decantata dalla Commissione europea va a farsi benedire?

Ma quindi, dicono i contadini e i comitati, a che cosa serve il Tap veramente? E perché deve passare proprio attraverso la zona più fertile e produttiva della Grecia? Ottime domande, di cui abbiamo parlato durante un’accesa riunione, e di cui, ci hanno detto, hanno ampiamente discusso con Syriza già in campagna elettorale. In particolare perché la VIA prevedeva che venissero valutate le alternative. La camera tecnica di Kavala ne aveva proposte, di fatto suggerendo che il tracciato venisse spostato più a nord, a ridosso delle montagne e lontano dalle zone agricole. Ma a settembre 2015, dopo un anno e mezzo di discussioni con il ministro dell’Ambiente, il negoziato è stato chiuso con un frettoloso “non c’è più tempo, non possiamo posticipare oltre, ritorniamo all’opzione iniziale”. Scaricati dal governo Tsipras, contadini e comitati hanno continuato a resistere al progetto, determinati a non farlo passare attraverso le proprie terre. Oggi lo fanno con di fronte alle ruspe e all’arroganza di “altri italiani”, così ci hanno detto, che senza titolo sono entrati nelle loro proprietà. E inoltrando una denuncia al meccanismo indipendente della Bei, la banca europea per gli investimenti, che vuole concedere un prestito di 2 miliardi per costruire questo gasdotto.

Se la Grecia è la patria della democrazia, forse qualcuno dovrebbe ricordarlo al primo ministro Tsipras e a chi ha creduto alla sua idea di un’altra Europa da costruire. A noi questa sembra la stessa vecchia minestra del potere che si impone a servizio di interessi particolari, usando ancora una volta la forza invece del dialogo e del buon senso. A noi che, assieme al Comitato No Tap, siamo andati a conoscere le persone che in Grecia resistono a questa grande opera inutile e imposta, il governo ellenico ha fatto un bel regalo, garantendoci la “protezione” delle forze di polizia segreta, che ci hanno seguito 24 su 24 per una settimana intera e per centinaia di chilometri. Tutto a spese dei cittadini greci, of course, e al fine di tutelare “la nostra sicurezza”. Lasciando noi e le persone che abbiamo incontrato con lo stesso interrogativo: ma se i “cattivi” non siamo noi, né loro, e nemmeno lo Stato greco che tanto si premura, allora chi saranno?

Ecco una galleria fotografica dal viaggio in Grecia.
Foto © Carlo Dojmi di Delupis/Re:Common

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