Diga di Chixoy in Guatemala, finalmente giustizia dopo i massacri degli anni ottanta

Diga di Chixoy, Foto di INDE, licenza CC-BY-SA-3.0, via Wikimedia Commons

[di Tancredi Tarantino]

Negli stessi anni in cui la dittatura militare in Guatemala decimava il popolo maya e annientava brutalmente ogni tentativo di resistenza, la Banca mondiale finanziava uno dei più controversi progetti idroelettrici della storia.

La diga Chixoy, costruita nei primi anni Ottanta sull’omonimo fiume del paese centroamericano, causò la morte di 444 indigeni maya Achi. Furono oltre tremila le persone sfollate, mentre almeno seimila famiglie si videro private delle proprie terre. Chiunque si oppose al progetto e ai piani di reinsediamento forzato venne torturato o fatto sparire.

Per oltre tre decenni i superstiti di quel massacro, costretti a vivere nell’indigenza e nell’indifferenza generale, hanno denunciato le violazioni subite e preteso verità e giustizia. Finalmente lo scorso 14 ottobre le loro richieste hanno ricevuto la giusta risposta.

Il governo guatemalteco ha firmato l’accordo legale di risarcimento con le vittime di Chixoy, impegnandosi a stanziare 154milioni di dollari alle famiglie maya, restituire le terre illegittimamente sottratte e costruire case e ospedali che erano stati distrutti in nome della grande opera.

Dopo che nel 2005 lo studio indipendente Chixoy Dam Legacy Issues Study collegò in maniera inequivocabile le violenze subite dal popolo Achi alla costruzione della diga finanziata dalla Banca mondiale e dalla Banca interamericana per lo sviluppo, l’anno successivo il governo accettò di avviare i negoziati con l’associazione delle vittime di Chixoy (Cocahich).

Gli incontri tra le parti portarono nel 2010 alla stipula dell’intesa, ma il governo all’ultimo minuto si tirò indietro, rifiutandosi di firmare l’accordo legale che avrebbe reso immediatamente esecutive le misure previste.

Le comunità indigene non si arresero e in più occasioni provarono a chiedere agli stessi finanziatori di assumersi le proprie responsabilità e affrontare la questione delle riparazioni. Ma la Banca mondiale preferì guardare altrove, alla ricerca di nuove grandi infrastrutture da finanziare a ogni costo. “Il nostro prestito è andato a buon fine”, era il massimo che riuscivano a rispondere da Washington.

Ci sono voluti altri quattro anni prima che il governo guatemalteco accettasse di firmare e concludere positivamente la trattativa. Adesso il parlamento dovrà ratificare l’accordo e, con molta probabilità, i fondi saranno disponibili già nel 2015.

Assieme ai soldi arriverà il riconoscimento formale delle violenze subite dai maya e le scuse pubbliche dello Stato guatemalteco, con la consapevolezza che nessun programma di riparazione potrà mai cancellare il ricordo delle morti violente, delle terre inondate e dei luoghi sacri distrutti per sempre.

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