Biodiversity offsetting. Un’altra minaccia per l’ambiente?

Cartello allo Zoo di Londra, foto Matt Brown, flickr, Attribuzione 2.0 Generico (CC BY 2.0)
Cartello allo Zoo di Londra, foto Matt Brown, flickr, Attribuzione 2.0 Generico (CC BY 2.0)

Il 3 e il 4 giugno prossimi, presso lo Zoo di Londra si terrà la conferenza internazionale sul controverso tema del biodiversity offsetting, ovvero i progetti di compensazione per la biodiversità. Varie organizzazioni della società civile globale, tra cui anche Re:Common, hanno scritto alla direzione del giardino zoologico sito a Regent’s Park per chiedere di non sponsorizzare e non ospitare l’evento, poiché il meccanismo di cui si dovrebbe discutere in quei giorni nella capitale inglese avrebbe ben poco a che fare con la protezione dell’ambiente e delle specie animali, ma sarebbe invece l’ennesimo strumento prodotto dal mercato per finanziarizzare le risorse naturali.

Think tank e organizzazioni internazionali sono infatti dell’idea che il biodiversity offsetting non funzioni, in quanto è inefficace in quella che dovrebbe essere la sua principale missione: la tutela degli ecosistemi. Si connota più come una forma sofisticata ed evoluta di greenwashing.

L’idea alla base del meccanismo è di “compensare”, ricreare altrove la distruzione dell’ambiente che avviene in un determinato posto. Molto meglio sarebbe invece evitare subito i danni inferti alla biodiversità. Le alternative al biodiversity offsetting ci sono e devono partire dal non voler dare per forza un valore di mercato alle risorse naturali, partendo quindi da un approccio completamente inverso, sostengono le realtà della società civile.

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